Una zona franca per la legalità
Nonostante i forti legami tra politica e malaffare, nasce nel cuore dell'isola un progetto per sconfiggere la mafia, grazie ad una virtuosa sinergia tra istituzioni e società civile
Non c’é pace nella terra martoriata della Sicilia, anche se non mancano i segni di speranza. Laddove Cosa Nostra sembra in fase di “immersione”, la politica siciliana sembra primeggiare in quanto a illegalità: lo fanno pensare, perlomeno, i tanti arresti che si sono susseguiti nelle settimane scorse. Un numero molto elevato, tanto che la legalità sembra sempre più un valore, un concetto che non ha cittadinanza presso i palazzi del potere della Regione.
C’è un ex presidente della Regione Sicilia in galera per aver aiutato Cosa Nostra, e c’è l’attuale governatore sotto inchiesta per lo stesso reato. C’è un deputato del Partito democratico fermato mentre intascava una mazzetta di 10 mila euro ed oggi agli arresti domiciliari. Ma ancora c’è Fausto Fagone deputato del Pid (popolari di Italia domani, partito nato in Sicilia dopo la scissione con l’Udc di Casini), in carcere perché coinvolto nell’“Inchiesta Iblis”, condotta dai carabinieri del Ros, che hanno ricostruito le recenti dinamiche della Cosa Nostra etnea, documentando gli interessi criminali e le infiltrazioni negli appalti pubblici mediante una capillare rete collusiva nella pubblica amministrazione (nella stessa inchiesta risulta indagato anche il presidente della Regione Raffaele Lombardo).
E poi il 26 aprile la Guardia di finanza ha arrestato il parlamentare regionale siciliano del Movimento per le autonomie, Riccardo Minardo, presidente della prima commissione Affari istituzionali presso il Parlamento siciliano. Minardo, al quale sono stati concessi i domiciliari, è stato arrestato insieme ad altre quattro persone nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Procura di Modica per una presunta truffa legata a finanziamenti statali ed europei. Le accuse sono quelle di associazione per delinquere, truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato.
Ma come sempre, bisogna aver la capacità di saper ascoltare ogni minimo movimento che parte dal cuore della nostra terra. E questo ascolto lo dobbiamo esercitare innanzitutto noi operatori dell’informazione, giacché se da un lato dobbiamo denunziare, e con forza, qualunque malaffare, dobbiamo nel contempo sottolineare e sostenere anche il più esile segnale di cambiamento. Ne va della nostra credibilità.
Qualcosa del genere era accaduta quando dei ragazzi a Palermo misero gli adesivi sui muri della città “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”: nell’assordante incapacità di coglierne il valore profetico di cambiamento quell’azione fu derubricata ad una “ragazzata”. Eppure, da lì nacque il Comitato Addiopizzo e la rivolta dei commercianti contro il racket.
La legalità, quindi, dicevamo. Nel centro della Sicilia, precisamente a Caltanissetta (nella foto uno scorcio della città), é iniziato un percorso interessante: i protocolli di intesa tra Confindustria e Prefettura, la scelta tanto profetica quanto coraggiosa di tagliare i ponti con un passato fatto di collusioni con il sistema affaristico mafioso e di pizzo “perché cosi si lavora”.
Mesi e mesi di incontri, di virtuose sinergie istituzionali, tra enti locali, Prefettura, magistratura e forze dell’ordine con sindacati, associazioni datoriali e cittadinanza che hanno scoperto un obiettivo comune: sconfiggere la mafia. Anzi, di più: il modo di pensare mafioso innamorandosi invece di un modo di pensare basato su legalità, trasparenza, diritto al lavoro, definitivo rifiuto al pizzo e alle mediazioni illegali per ottenere ciò che é dovuto.
Questa esperienza viene portata avanti nel cuore della Sicilia ed è stata chiamata ZFL: Zona franca per la legalità. Ne faranno parte 23 comuni della provincia di Caltanissetta, 4 di Agrigento e 1 della provincia di Enna.
Anni di percorsi virtuosi hanno fatto sì che oggi il governo regionale abbia potuto individuare in questa area il posto dove attuare particolari agevolazioni per stimolare l’imprenditoria, attrarre nuovi investimenti, contribuire a veicolare il messaggio che fare impresa nel rispetto della legalità non solo è possibile, ma conviene.
Si pensa, addirittura, di chiedere alla Commissione europea un regime fiscale di vantaggio da applicare a tutte le imprese che insistono sul territorio e che vorranno far divenire la legalità il loro operare quotidiano. Sembra essere il primo caso in Italia.