Una vita come le altre
Alan Bennett- Adelphi
Ogni famiglia è diversa dalle altre. Per questo, la storia di ogni famiglia meriterebbe di essere raccontata, per le grandi virtù, per i piccoli vizi che ha coltivato, per le grandi verità, per i segreti che ha saputo nascondere.
Alan Bennett, celebre drammaturgo inglese, si cimenta con la storia della propria famiglia nell’età della maturità piena, quando i dettagli dell’infanzia e della giovinezza si riaffacciano a colori nella memoria e il desiderio di dialogare con chi ci ha preceduto si riaffaccia con nostalgia.
Il Bennett narratore che incontriamo in Una vita come le altre non è però l’affermato e celebre drammaturgo, ma l’Alan timido e disorientato della sua giovinezza che, per la prima volta, si misura con i pezzi mancanti del puzzle della sua di famiglia: il suicidio del nonno sempre protetto da un’aura di silenzio e di mistero, la malattia mentale della madre, sempre eclissata dalle cure premurose del padre. Un viaggio interiore dolente e leggero insieme.
Perché Bennett ha deciso di affidare al lettore una ricostruzione così precisa di fatti “privati”? Forse perché sta cercando la ragione delle cose: dove si annida e innesca la malattia mentale? Forse perché sta cercando di fare i conti con quelle verità così difficili da condividere proprio tra gli affetti più cari.
Lo scrittore abbandona le tonalità esilaranti che gli hanno dato la celebrità. Non rinuncia però al suo sguardo acuto, talvolta distante, talvolta partecipe su se stesso e sulle persone che gli stanno accanto. Chi conosce le sue opere riconoscerà nel volto dei genitori, nei connotati eccentrici delle sue zie, molti dei personaggi immaginari dei suoi racconti. Sullo sfondo il racconto di una classe operaia inglese, provinciale e modesta, scomparsa prima della guerra, che forse oggi, sembra dire Bennett, con la sua ritrosia appartata e le sue buone maniere ha ancora qualcosa da dire.