Una valle oscura
Anche nelle prove e nei frangenti più dolorosi e senza senso della nostra vita «Egli è là».
«Vasi di creta». «Una valle oscura». «Fonte di vita». Sono alcune delle immagini evocate dal papa in piazza San Pietro di fronte ad un’immensa distesa bianca di 15 mila sacerdoti di 97 paesi in occasione della chiusura dell’Anno sacerdotale. Le parole del papa sono vissute intensamente da chi le pronuncia come fossero diventate, per la sofferenza di quest’anno, un tutt’uno con il suo essere.
«Vasi di creta». Gli uomini tutti, anche i sacerdoti, sono uomini fragili come gli altri. Hanno ricevuto un grande dono, ma restano esposti al male e ai limiti.
«Era da aspettarsi» – dice il papa – che al “nemico” questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto. E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti, soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli».
E sugli abusi sessuali dei preti pedofili il papa promette e si impegna in prima persona che non succederanno mai più, facendo tutto il possibile, ed è questo il vero nodo da sciogliere, che nella selezione e formazione dei candidati al sacerdozio «faremo tutto ciò che possiamo per vagliare l’autenticità della vocazione».
«Una valle oscura». La nostra epoca vive una notte culturale e l’orizzonte di senso della nostra vita ci appare avvolto nel buio, ma il papa pensa, oltre alla morte, anche «alle valli oscure della tentazione, dello scoraggiamento, della prova, che ogni persona umana deve attraversare». Ebbene anche nelle prove e nei frangenti più dolorosi e senza senso della nostra vita «Egli è là», è sceso negli inferi della morte e «nelle oscurità della tentazione – dice il papa quasi rivolgendosi a Gesù –, nelle ore dell’oscuramento in cui tutte le luci sembrano spegnersi, mostrami che tu sei là».
«Fonte di vita». Il buio, il dolore, il peccato, diventano allora fonte di vita e di luce in un Dio che si è fatto «perchè», grido, nulla d’amore per contenere il mondo delle nostre miserie, trasformate in occasione di rinnovamento e rinascita per sperimentare che «vivere è stata una cosa buona».
In fondo, questo anno trascorso, ci ha mostrato ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che è difficile vivere da cristiani, anche da preti. Ma che il dono e il mistero di una vocazione cristiana è più grande di chi la riceve. Quella stessa audacia di un Dio che si permette di voler rivivere nell’umanità attraverso le sue creature, ci appare come il colmo della reciprocità. Il creatore che si fa generare dalle sue creature, nell’eucaristia e in mezzo a noi. Il sacramento dei sacerdoti e il sacramento dei laici.