Una TV per il bene
La notizia è di quelle stimolanti: Sat2000, la tv satellitare dei vescovi italiani come la chiama qualcuno, trasmette già i suoi programmi anche sul digitale terrestre. Per legge, la Rai deve affittare due dei suoi canali digitali, e proprio Sat2000 ha vinto la prima selezione alla quale hanno partecipato tra gli altri la tivù di stato cinese, Telespazio, Famiglia cristiana, Mytv e Telefriuli. C’è molta attesa per questa novità. È vero che Sat2000 era già visibile da chi riceve il segnale satellitare (Sky 818), e che alcuni programmi venivano ritrasmessi da reti locali collegate, per esempio nel Lazio da Telelazio-Reteblu, ma ora si tratta di un canale nazionale, con una programmazione giornaliera che potrà essere vista, e giudicata, in ogni famiglia. Il decoder per vedere il digitale non è ancora presente in tutte le case, ma è solo questione di tempo: finora solo il calcio con le famose tessere prepagate ha spinto i telespettatori a passare al digitale, ma presto l’offerta si arricchirà di tutti i tipi di programmi. Dunque un canale tv cattolico e nazionale. Una voce che mancava. Un riferimento che è importante ci sia, anche per chi non è d’accordo. Una bella sfida, non facile, se non altro perché tutti gli occhi saranno puntati per vedere come sarà, che tipo di taglio avrà. Per chi parte prevenuto, sarà certo un canale serioso, buonista, poco pluralista, e soprattutto confessionale. Una specie di mondo a parte, insomma, che interessa solo i cattolici osservanti e non le persone moderne e libere di pensiero. Un mondo di cui fanno parte qualche libreria cattolica, alcuni siti Internet, vecchi cinema e teatri parrocchiali, pochi giornali, senza una vera rilevanza e influenza culturale. Un mondo così, se ci fosse, farebbe comodo a chi vuole cattolici che fanno poco rumore e non danno fastidio. Su un altro versante c’è chi teme che questa tv diventi una specie di fortino in cui rinchiudersi per elaborare e difendere le proprie immutabili idee dall’assalto del mondo. Un megafono, magari, per un confronto e una polemica dura e sterile, senza stima dell’altro, dall’alto della convinzione di avere sempre ragione. C’è motivo di ritenere, invece, che non sarà così, per vari motivi. Nel panorama omogeneizzato e di basso livello, sia culturale che morale, che oggi contraddistingue gran parte delle tv e dei media in generale, c’è enorme spazio per una palestra di cultura, bellezza, qualità, valori forti, speranza non ingenua. Una palestra con spazio per tutte le voci, dalle più spirituali alle più laiche, in un clima di rispetto. E di amore. In effetti sarebbe proprio una novità per il popolo del telecomando. Per evitare i rischi di cui dicevamo prima, e diventare questa palestra, il canale tv che sta per nascere ha due vantaggi: può essere espressione, valorizzare e fare massa critica con l’enorme galassia di iniziative e associazioni cattoliche, movimenti, centri di cultura, siti Internet, centri missionari, parrocchie, stampa, editoria che, diffusi ovunque, e animati quasi sempre da un laicato maturo, arricchiscono a livello locale, e vitale, il tessuto del nostro paese (vedi riquadro). In più, la tv cattolica non nasce da zero. Ha alle spalle anni di attività della tv satellitare Sat2000, ma soprattutto può contare sul Progetto culturale lanciato dalla Chiesa italiana negli ultimi anni. E cultura vuol dire ricerca, dialogo, ascolto, confronto di idee diverse; specialmente con la cultura laica, intesa come cultura della ragione, in tutte le sue attese, idee, limiti e speranze. In un dialogo che, se onesto, può e deve diventare un camminare insieme. Forse chiedo troppo; mi piacerebbe insomma che questo nuovo canale tv diventasse una casa di comunione, dove ognuno possa dare il proprio contributo positivo, e ognuno possa sentirsi a casa. Ma proviamo ad entrare nel mondo di Sat2000: Elena Coppola, per due anni segretaria di redazione della stessa Sat2000. In seguito al coordinamento di Telelazio-Reteblu. Ed oggi di nuovo a Sat2000 nell’area formazione, per occuparsi dei tirocini di formazione e orientamento dei giovani provenienti da diverse università, di un master in scrittura audiovisiva in collaborazione con l’università La Sapienza di Roma, ed ora del Media Working Project, corso di formazione attivato in collaborazione con il Centro interdisciplinare della Pontificia università lateranense, la Fondazione Comunicazione e cultura e l’Ufficio comunicazioni sociali della Cei. Per l’autunno si sta lavorando al prossimo Media Working Project, rivolto a coloro che hanno o avranno un diretto impegno nel mondo della comunicazione a livello diocesano al servizio della chiesa locale. Si tratta di un percorso intensivo che prevede lezioni frontali e pratica sul campo – per la tivù a Sat2000, per la radio a InBlu e per il giornale alla redazione romana di Avvenire – e che si pone l’obiettivo di formare comunicatori preparati e pronti a creare un ponte tra media cattolici nazionali e locali. Da dove arrivano i giovani stagisti? Per quanto riguarda gli stagisti, arrivano da diverse università ed istituzioni italiane. Siamo partiti dalla Cattolica di Milano e la Lumsa di Roma, poi con la Gregoriana e la Salesiana, ma in un breve lasso di tempo abbiamo aperto a giovani italiani e stranieri di Atenei cattolici e non. Abbiamo ospitato per esempio studenti de La Sapienza di Roma e di Roma Tre, dello Iulm di Milano, dell’Università di Siena, della Tuscia di Viterbo…. Quanti ragazzi sono passati finora? La normativa vigente prevede un limite in percentuale del personale assunto in azienda a tempo indeterminato, per cui non possiamo prendere tutti quelli che vorremmo; comunque in questi anni sono pas- sati per la formazione più di 100 giovani. Svolgono un’attività di qualche mese in presa diretta sul campo, in affiancamento a professionisti nel settore redazionale e in quello tecnico-produttivo: dal confezionare le news per i servizi dei tg, al compito di assistenti ai diversi programmi di informazione e intrattenimento, al montaggio, alla grafica, alle riprese…. Come li selezioni? Nel momento del colloquio cerco di valutare la formazione che hanno, l’attitudine a questo tipo di attività, la motivazione – ad esempio se vengono solo per acquisire crediti universitari, per cercare lavoro o altro – oppure se hanno una passione per questo mondo. Sulla base del piano di studi e della preselezione cerco di fare una graduatoria che il più possibile non sia basata sulla provenienza del curriculum vitae, ma sulla data di arrivo della richiesta e sulle reali possibilità di inserimento in azienda, nel settore per il quale la persona sembra più adatta. Come deve essere il giornalista o l’esperto di mass media oggi? Credo che il comunicatore oggi debba essere aperto a 360°, capace di dialogare con il mondo circostante a tutti i livelli e comunque, oltre alla motivazione e al talento, deve acquisire un’ elevata professionalità. Ci sono oltre 60 mila studenti iscritti alle Facoltà di Scienze della comunicazione nelle nostre università, c’è stato negli anni scorsi un vero e proprio boom (tra il 1992 e il 2002 le matricole crebbero del 111 per cento), quasi una moda, forse un’esagerazione dovuta al fatto che tanti hanno pensato che fosse semplice entrare e cercare lavoro in questo settore, anche per chi è senza talento. In questo mondo invece è meglio evitare di vendere facili illusioni. Pensiamo, solo per fare un esempio, alla difficoltà che moltissimi incontrano per fare il praticantato. È importante l’esperienza sul campo… Si, è indispensabile per acquisire la professionalità di cui parlavamo. Del resto oggi c’è sempre meno il giornalista specializzato in un unico settore, addirittura abbiamo visto nascere la figura del tele-cine-operatore, il comunicatore che va in giro con la sua telecamera digitale, che riprende, scrive il pezzo, lo monta, si aggiorna davanti alle agenzie, col computer può fare tutto da solo. UNA GALASSIA EFFERVESCENTE Digito sul motore di ricerca Google la parola siti cattolici, clicco sui primi due indirizzi che mi vengono proposti (www.effata.it e www.siticattolici.it) e trovo una valanga di 1.944 associazioni e movimenti, 45 banche dati, 33 mailing list, 78 radio e tv, 347 centri stampa e di editoria, 383 tra centri di cultura ed Università, 91 siti istituzionali, 73 siti Caritas, 2.269 parrocchie, 843 Istituti religiosi e 304 Centri missionari in rete.Ce n’è per tutti i gusti. E dietro ognuno di questi siti c’è una vita, spesso sconosciuta ai normali circuiti dell’informazione. Tra le tv più conosciute, oltre Sat2000, ci sono Telepace,Telenova,Tele- RadioPadrePio. Nel mondo della radio, il circuito InBlu, promosso dalla fondazione Comunicazione e cultura collegata alla Cei, mette una banca programmi radio a disposizione delle oltre 200 emittenti diocesane o di ispirazione cattolica che fanno parte del network. UN MOMENTO STORICO La tv cattolica sul digitale, una grossa opportunità, ma anche una grossa sfida. Chiediamo un commento a mons. Claudio Giuliodori responsabile dell’ufficio Cei per le comunicazioni sociali. È un momento storico per l’avventura che la Chiesa italiana sta vivendo sul fronte dei media… Sì, un’avventura con tante iniziative, e non da oggi, nel campo della stampa, della radio, del cinema, delle riviste, dei periodici: la chiesa è stata sempre molto attenta e molto partecipe in questo campo. Ci siamo resi conto però in questi ultimi anni di aver perso un appuntamento importante, quello con la televisione, nel senso che certamente c’era una presenza importante dei cattolici nelle varie reti, però si sentiva la mancanza di una presenza autonoma su cui sviluppare una nostra proposta. Dal convegno ecclesiale di Palermo nel 1995 è partito un progetto in questo direzione, senza avere neanche chiari i termini e l’esito di questo percorso, anche per le variazioni sia dal punto di vista legislativo che tecnologico. Questa attenzione ha portato a maturare prima la scelta di un canale satellitare, ma sempre nella prospettiva di un canale nazionale il più possibile significativo dal punto di vista dell’impatto con la popolazione e oggi il digitale terrestre ci offre finalmente questa possibilità. Quale sarà il profilo di questa Tv? Sarà seria e pensosa, o generalista? Per vincere una gara durata due anni, a cui hanno partecipato 40 soggetti, abbiamo dovuto definire la fisionomia di questo canale. Sat2000 vuol essere una televisione tematica dal punto di vista dell’approccio, non del contenuto. Non è un canale a contenuto religioso, quanto piuttosto un canale che vuole abbracciare tutte le tematiche soprattutto dal punto di vista informativo: il 70 per cento della programmazione infatti avrà carattere informativo, il che non vuol dire esclusivamente telegiornali, ma anche servizi, reportage, talk, con un carattere informativo. Questa è la qualifica di Sat2000 che si presenta nel panorama delle televisioni non come una tivù di puro intrattenimento, ma con una proposta impegnativa dal punto di vista della riflessione. Anche se questo non vuol dire una emittente pesante o che richiede sempre di essere concentrati per poterla seguire. Una proposta, però, che sappia trasferire valori, far riflettere sul vissuto dell’uomo contemporaneo; questo dal punto di vista sia personale che sociale. E naturalmente, all’interno di questo orizzonte, anche una proposta di contenuti religiosi.