Una terra deturpata da roghi e discariche
La camorra e gli imprenditori disonesti possono distruggere una campagna fertile e popolata senza incontrare ostacoli? Nell'area compresa tra Napoli Nord e Caserta Sud il recupero del territorio comincia dalla gente
Le prime colonne di fumo, chi arriva dal centro-nord, le vede già verso Capua. Ma è dall'uscita Caserta sud dell'autostrada, e poi lungo tutto l'asse mediano, l'arteria che collega i comuni a nord di Napoli – Acerra, Afragola, Caivano, Casoria, Giugliano – che l'aria diventa irrespirabile, la gola brucia e ci si chiede abbattuti: ancora?
Sì, ancora. Napoli nord, ma non solo, e Caserta sud, ma non solo, con le loro campagne sconfinate continuano ad essere il bersaglio preferito di chi seppellisce fusti nocivi o li lascia sul terreno insieme ad altri rifiuti speciali (dall'eternit alle vernici, agli scarti sanitari ai pellami), creando delle discariche abusive e fortemente tossiche, alle quali poi – nella maggior parte dei casi – viene dato fuoco, per eliminare prove e responsabilità. Sono ancora ben vivi nella memoria i ricordi dei camion sepolti con il loro carico velenoso nelle campagne di Marigliano, come pure i livelli altissimi di diossina rinvenuti nel terreno e nelle pecore nell'acerrano. E che dire dell'area aversana, quella – per capirci – dominata dal clan dei casalesi?
Eppure, non parliamo di terre abbandonate. Giugliano, ad esempio, è la patria della mela annurca, e che dire di Chiaiano, dove è ormai tradizionale e attesa la sagra della ciliegia, e delle (un tempo) rinomate verdure di Acerra? Le ecomafie stanno distruggendo un territorio e la sua popolazione e – spiace dirlo – non solo la bonifica tanto annunciata di queste terre non è mai partita, ma le responsabilità non sono state accertate e, vista la carenza di mezzi e uomini, poco hanno potuto, finora, le forze dell'ordine per fermare coloro che hanno insozzato – e continuano a farlo – quella che gli antichi chiamavano Campania Felix, la prosperosa Campania.
Ma è mai possibile che nessuno reagisca, che la gente non dica basta? Non è così semplice. La popolazione è stanca di vedere il proprio territorio deturpato, di vedere i propri cari morire (emblematico il caso degli allevatori morti di cancro nell'area di Napoli Nord), di assistere alla nascita di animali deformati dalla diossina (come appurato dalle Asl) e di bambini con problemi congeniti.
Il problema, dicono da queste parti, è la mancanza di interlocutori validi, efficienti e credibili: i sindaci sono perlopiù assenti o, dicono essi stessi, impotenti. La provincia, anzi, le province, di Napoli e Caserta, idem. La Regione non ascolta i semplici cittadini, al momento soltanto il prefetto di Napoli si è reso disponibile a raccogliere le segnalazioni della gente. Ecco dunque che, stanchi di subire, vari comitati spontanei di cittadini, insieme ad alcune associazioni ambientaliste, si sono riuniti, nell'area Nord del capoluogo campano, intorno ad una parrocchia: quella di san Paolo apostolo del parco Verde di Caivano, quartiere popolare noto a tutti per essere base di spaccio e di malaffare, guidata da un prete dinamico come Maurizio Patriciello.
Nel silenzio delle istituzioni e dei media, tanti giovani e meno giovani hanno cominciato a scattare foto e a pubblicarle sulle bacheche dei social network, hanno girato video e li hanno postati su youtube, hanno mobilitato la stampa e, in particolare, il quotidiano dei vescovi, Avvenire, che da ormai un mese non molla l'osso e continua a pubblicare interventi, resoconti, testimonianze. Finalmente, qualcosa si è smosso. I primi politici, in vista forse delle elezioni, hanno cominciato a farsi sentire, con interventi ed interrogazioni parlamentari. Ora però tocca alle istituzioni, a tutti i livelli, darsi da fare davvero, affinché si intervenga con efficienza per restituire a quasi due milioni di persone il diritto alla salute e alla dignità.