Una telefonata nella notte

Aiutare un figlio a capire la condizione della madre incinta può salvare una famiglia. L'esperienza di una ragazza americana
aborto

Il mio ragazzo John e suo fratello avevano da poco scoperto che la loro madre, di 41 anni, era incinta di un terzo figlio. La famiglia era molto confusa, preoccupata soprattutto di non poterselo permettere dal punto di vista economico. La madre di John era lacerata dal dubbio: tenere il bambino o subire un secondo aborto? Ricordava ancora quanto il primo l'avesse segnata fisicamente ed emotivamente. Quando gli altri due figli erano ancora piccoli, infatti, la famiglia viveva in Asia, in un Paese in guerra. Per poter fuggire e salvarsi la gravidanza era un ostacolo serio, per cui si era trovata costretta ad abortire per il bene della famiglia. Alla fine erano emigrati negli Stati Uniti.

 

Quando la madre aveva annunciato di essere incinta John non aveva saputo come reagire, ma suo fratello aveva subito detto che avrebbe dovuto abortire, a causa dei notevoli problemi che la famiglia avrebbe dovuto affrontare se avesse tenuto il bambino. Aveva quasi convinto anche John. Sua madre aveva passato i giorni successivi chiusa in camera a piangere, rifiutandosi di parlare con chiunque.

 

John mi ha chiamata nel pieno della notte, in lacrime e senza sapere cosa fare. Ho subito pensato alla mia insegnante di religione delle scuole superiori: senza di lei e senza il suo insegnamento non saprei nulla delle implicazioni fisiche e morali di un aborto. Gli ho così potuto spiegare in che cosa consistesse esattamente l'intervento e quali fossero le conseguenze fisiche e psicologiche. Ho anche cercato di fargli capire la posizione in cui sua madre si trovava, dovendo compiere una scelta che avrebbe determinato le sorti della famiglia. Tuttavia, ho aggiunto, il bambino avrebbe rafforzato i legami tra di loro in una maniera tale che nessuna difficoltà avrebbe potuto intaccare.

 

Dopo due ore al telefono John mi ha ringraziata e ha parlato con suo fratello quella notte stessa. Dopo una lunga discussione, lo ha convinto a cambiare idea. Ha parlato anche con sua madre, che lo ha ringraziato per la comprensione e il sostegno che le dava nel portare avanti la gravidanza. Mi ha richiamata il giorno dopo, ringraziandomi di nuovo per aver fatto sì «che la famiglia non si disgregasse». Credo di non aver fatto nulla del genere, ma le sue parole mi hanno colpita. Deve aver riferito a sua madre la nostra conversazione, perché lei il giorno dopo mi ha abbracciata con calore e ringraziata per aver aiutato i suoi figli a capirla. Ora attendiamo tutti il bambino con ansia.

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