Una storia sempre nuova: ipotesi su Chiara
La testimonianza del Preside che nel 2004 ha promosso il conferimento a Chiara Lubich del Dottoroato h.c. da parte dell'Istituto di Teologia della Vita Consacrata "Claretianum" (Pontificia Università Lateranense Roma).
Innanzitutto ritengo opportuno riconoscere di non aver mai incontrato Chiara personalmente. Sono riuscito, però, magari solo approssimativamente, a intuire qualche cosa di lei.
Chiara nei religiosi
Il primo segnale che ho potuto raccogliere arrivò dai religiosi del Movimento. Erano tempi difficili per i consacrati e trovai due indicazioni preziose: recuperavano slancio, senza mutare identità. In tempo di secolarizzazione straripante, loro tornavano a pregare. Quando la trasandatezza persino era involgarita, li notavo con garbo e ottimismo. Pulsavano di vita nuova, certamente quella di prima, solo che era arricchita.
Non sentivano il bisogno di rimarcare differenze con la propria Famiglia religiosa e meno ancora con il proprio fondatore. Qualche Movimento spingeva sull’alternativa, fino a suscitare il problema della “doppia identità”.
Dai Focolari non si poneva il problema. Tutti quei carismi erano preziosi per la Chiesa e andavano vissuti sino in fondo. Chiara ne aveva la passione, talvolta nominando alcuni più noti o diffusi. Vidi rianimarsi organismi che non sembravano più avere vita.
Non c’era nessun segreto. La parola più ripetuta era “il comandamento nuovo”. Ed era questa impronta voluta dal Maestro a renderlo vincolante. Occorreva metterlo continuamente in pratica, perché suo. Così avevano capito al principio Chiara e le prime compagne, e proprio questo si dimostrava essere il valore centrale della comunità religiosa. In quel periodo il gruppo di consacrati, anche un’intera provincia, entrava in un processo di ri-aggregazione. Assaporava l’unità che aveva in dono, come pegno di un risveglio e dell’avvenire.
La profondità del mistero
Sembra quasi scontato, eppure c’è la profondità del mistero: Gesù in mezzo. Secondo la sua promessa, da scoprire nella quotidianità. Dove le apparenze non aiutano in ogni caso. Né vale stringere la cerchia, per concentrarsi solo su pochi amici fidati.
Al contrario, la comunione si afferma sulla crescita progressiva e si espande nella donazione che conosce lo svuotamento di sé. L’amore supremo è quello di Gesù Abbandonato.
Ad accompagnare questo impegno reciproco è la Parola di Vita. Nata dal Vangelo, mentre imperversavano i bombardamenti, l’Opera di Maria seguitò a cercare luce nella parola divina. Ogni sfaccettatura del vissuto si rischiarava, se ognuno tentava di realizzarla concretamente.
Per questo, lo sviluppo del Movimento non ha seguito un progetto disegnato in anticipo. Chiara faceva le sue proposte o indicava i traguardi, a mano a mano che li andava scoprendo.
Una “ecologia comunicativa”
Questo sì, ha messo costantemente una cura speciale nel comunicarli. Si avverte una ricerca espressiva che punta non soltanto sulla precisione, ma anche sul cesellare la forma. Quasi volesse cogliere un tono insieme autorevole e accattivante. In realtà, la carica per-suasiva dipende tutta dalla convinzione, poiché risulta evidente nel fondersi armonico di quei tratti.
Non è frequente nella spiritualità, come invece si percepisce in Chiara, la costante pretesa dell’eleganza. Il sostantivo intende rimarcare la componente volitiva e niente affatto aleatoria. Per cui lo dovremmo ritenere un elemento caratteristico.
Un’altra questione sarebbe stabilirne il significato. Mi sia permesso di avanzare una ipotesi, dato che potrebbe essere importante. Siccome l’atteggiamento mai sconfina in affettazione, mi appare legato al rispetto verso gli altri. Poggia sul convincimento dell’altrui dignità e cerca di garantire quella che si potrebbe chiamare una “ecologia comunicativa”.
Da un simile punto di vista, impressiona la reiterazione con cui viene presentato il racconto degli inizi. I fatti sono sempre gli stessi. Cambia la coloratura del racconto. E spunta, imprevedibile quanto precisa, un’applicazione al tema del giorno, magari considerato per la prima volta.
Si avverte che l’esperienza originaria possiede una ricchezza inesauribile, come grazia dello Spirito, e riesce, dalla personale identificazione, a esternarsi con semplice trasparenza.