Una società plurale e inclusiva

Il cardinale Scola in dialogo con Gianni Riotta a Milano: «Non c’è vera libertà religiosa quando non ci sono luoghi di culto» Ci sono tanti bambini musulmani? Non bisogna rinunciare alle nostre feste ma inserirne una loro nel calendario scolastico. Il plauso degli imam
Scola e Riotta

Una sala gremita di operatori dell’informazione, quella dell’Istituto ciechi a Milano scelta dal Cardinale Scola per dialogare con Gianni Riotta, editorialista de La Stampa. L’incontro è stato organizzato per celebrare San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. E come sempre Scola, stimolato dalle domande, dialoga a tutto campo, parla di una Chiesa che non vuole rinunciare all’incontro con l’umanità tutta. E che, di conseguenza, non può non sottrarsi al dialogo.

 

In una diocesi dove i suoi predecessori avevano iniziato grandi aperture con l’Islam, dal card. Martini con i suoi tanti interventi al card. Tettamanzi che aveva offerto Piazza Duomo ai musulmani per la preghiera di fine Ramadan, i precedenti sono moltissimi. Segno della vivacità di una Chiesa aperta alla sfida che i tempi attuali richiedono. Ora tocca a Scola che non si sottrae, ma che afferma con sicurezza che «in una società meticcia, sempre più essenziale è il dialogo, senza rinunciare ai propri simboli». Ma che proprio i simboli possono essere ciò che caratterizza e contraddistingue, con bellezze diverse le varie culture.

 

«La distinzione tra ‘noi’ e ‘loro’, tra fuori e dentro l’Europa è sbagliata perché totalmente astratta e fuori dal presente». Lo aveva detto l’arcivescovo intervenendo ad unincontro tra Europa e Islam all’università cattolica di Milano nello scorso autunno. «Quello che sta capitando in queste ore nel mondo – spiega – riguarda tutti». Per il cardinale, «dobbiamo capire che questo non è un elemento esteriore, ma un problema esattamente come lo è pensare al proprio futuro».

 

Il punto di fondo, per Scola «è che tutti dobbiamo fare un salto di qualità per capire se noi occidentali, segnati da una cultura cristiana imponente, anche se oggi in vertiginosa caduta, siamo convinti che esista un disegno buono sulla storia o se non crediamo più a tutto questo». E aveva concluso: «I confini non sono solo barriera, ma anche possibilità di accoglienza degli altri e luogo di dimora. Pensare di parlare di libertà rimanendo scettici su esperienze di libertà è assurdo. L’inevitabilità e l’attualità del dialogo tra noi e l’Islam diventerà una cosa ovvia e naturale cosi come la modalità di affrontare gli immigrati»

 

Ora all’Istituto ciechi aggiunge un altro tassello. Tolleranza e democrazia, che il cardinale Scola chiama in causa quando interviene su alcune questioni sempre calde, come quella della moschea a Milano: «Se la società rinuncia ai simboli, o per sbaglio perché costretta dall'autoritarismo, perde qualcosa. Una società plurale deve essere il più possibile inclusiva. Ci sono tanti bambini musulmani? Non bisogna rinunciare alle nostre feste ma inserirne una loro nel calendario scolastico. Il diritto ad avere un luogo di culto è sacrosanto dove c'è libertà di religione. Ma è sacrosanto anche chiedersi da chi arriva la richiesta, cosa vuole farne di questo luogo, come esso si inserirebbe nel tessuto urbano. I simboli, se ben interpretati e fatto salvo l'elemento sicurezza, dovrebbero favorire il dialogo interreligioso e quindi rappresentare elemento fondamentale per una vita buona. Il cambiamento ti dà un pugno allo stomaco, ma bisogna reagire rendendo dinamica la propria identità».

 

Centrare la realtà, descriverla senza travisarla: è questa la sfida della comunicazione oggi secondo il cardinale Scola, tanto più in un mondo che sta profondamente cambiando: « È in atto un processo di migrazione di tale livello quantitativo e qualitativo che sta imponendo un meticciato di civiltà e culture. Quando ho cominciato ad usare questa parola, nel 2011, mi hanno accusato di sincretismo. Ma i processi non ti chiamano al telefono per dire che stanno capitando, succedono e basta e noi possiamo solo cercare di governarli. Non abbiamo avuto i tempi lunghi della Francia, in Italia il processo è stato molto accelerato e secondo le tragiche modalità che conosciamo del Mediterraneo».

 

Questo ci ha portato in pochi anni a dover fare i conti con uomini di diversa etnia cultura e religione: «Dobbiamo vincere il nostro vizio intellettualistico – esorta il Cardinale –, e accettare il dato reale: abbiamo tra di noi musulmani, tanti fratelli cristiani ortodossi, molti latinoamericani che sono cattolici, ma secondo un certo tipo di sensibilità. I nostri oratori sono pieni di bambini musulmani che giocano, si fanno aiutare nello studio. Che fare? L'unica strada è partire dalla nostra fede e dalla comune appartenenza alla famiglia umana. La fede cristiana correttamente intesa non è un'obiezione ma un fattore che favorisce l'incontro di religioni. La fedeltà alla propria identità, dunque, come elemento fondamentale del dialogo».

 

E conclude: «Non ho dubbi sul fatto che le forze della tolleranza vinceranno su quelle dell'intolleranza. Non perché sono ottimista, ma perché la tolleranza e la ragione funzionano meglio, hanno più capacità di autocorrezione e quindi alla fine si affermano. A patto che noi non rinunciamo a noi stessi, spaventati dagli altri».

 

L'idea del Cardinale piace agli imam di Milano, al punto che il portavoce del coordinamento delle moschee milanesi Caim, Davide Piccardo, rilancia: "Non solo sono d'accordo e ringrazio Sua eminenza, ma mi spingo anche a proporre che le scuole restino chiuse in occasione di feste importanti come la fine del Ramadan o la Festa del sacrificio. Esattamente come per il Natale cristiano, così i bambini potranno celebrare la festa con la comunità".

 

Mentre il presidente della Casa della cultura musulmana di via Padova 144, Asfa Mahmoud, aggiunge: "Si potrebbe, come dice il cardinale, cogliere l'occasione di queste ricorrenze per mettere in comune l'esperienza religiosa declinata secondo modalità diverse. Si potrebbe fare festa in classe in quel periodo, come si fa nel periodo di Natale. La convivenza pacifica si costruisce anche con questi gesti di reciprocità"

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