Una scuola di sci per tutti
A tun per tu con Claudia Ferrari, prima maestra di sci italiana ad essersi dedicata al mondo della disabilità mentale. Un'esperienza sorta da un nuovo arrivo...
«Ho iniziato ad interessarmi al mondo della disabilità solo con la nascita del mio secondogenito Nicolò. Per questo non sono mai troppo critica nei confronti di chi non ha la minima idea di questi problemi». Parla a cuore aperto Claudia Ferrari, madre di un ragazzone di vent’anni affetto dalla sindrome di Angelman (malattia genetica dovuta a un difetto nella duplicazione cromosomica) nonché istruttrice di sci alpino che, primo esempio in Italia, ha messo a disposizione le proprie competenze e capacità per un obiettivo a prima vista irraggiungibile: avvicinare alla pratica di una fra le discipline invernali più diffuse al mondo ragazzi autistici o alle prese con i più vari deficit intellettivi.
Ci troviamo a Colere, piccola località della Val di Scalve (provincia di Bergamo), che durante la stagione invernale si trasforma in un vero e proprio paradiso per gli amanti degli sport della neve. È qui, ai 2200 metri della Colere Ski Area, che sorge la Scuola italiana sci Colere Polzone, aperta nel 1980 e da quasi vent’anni impegnata anche sul fronte della disabilità fisica e mentale.
Si può dire che Claudia, come lei stessa sottolinea, sia nata con gli sci ai piedi: «In famiglia siamo dieci maestri, fra i quali mio marito e il mio primogenito Jacopo». Prima l’impegno coi normodotati, poi l’arrivo di Nicolò che le cambia la vita, familiare e professionale: «Nel 1990 sono entrata in contatto con Marilena Pedrinazzi – racconta Claudia – terapista della riabilitazione che lavorava con i disabili fisici lungo le piste dell’Altopiano di Asiago. Mettendo a disposizione le nostre competenze tecniche, è sorto uno scambio che ci ha permesso di avviare la nuova attività».
Un lavoro che si traduce nella formazione degli istruttori, grazie a corsi di specializzazione a livello regionale, per poi arrivare all’esperienza sul campo o, per meglio dire (vista la disciplina in questione), sulle piste. Nei primi anni l’impegno di Claudia (e di altri maestri della Scuola italiana sci Colere Polzone) si è concentrato in particolare sulla disabilità fisica (ciechi, amputati di arto inferiore, paraplegici), attività che può ora vantare la settimana bianca riservata ai grandi invalidi dell’Inail e giunta al suo secondo anno di vita: giornate sulla neve nelle quali normodotati e disabili sciano a stretto contatto fra loro. Le sessioni di allenamento sono pressoché identiche, così come i tracciati, con l’unica differenza che per i diversamente abili il corso è completamente gratuito.
Poi il tuffo in un mare ancora inesplorato, quello della disabilità mentale, vero fiore all’occhiello della Scuola italiana sci Colere Polzone. E non importa se l’impegno a volte diventa un ostacolo quasi insormontabile, anche dal punto di vista dell’insegnamento: «Con i disabili fisici il canale di comunicazione resta aperto – ci spiega Claudia – in modo da poter applicare una progressione didattica molto simile a quella di un qualsiasi allievo. Di fronte a deficit intellettivi, invece, questo protocollo non c’è, e i tempi di apprendimento si fanno molto più lunghi».
I numeri però danno ragione ai maestri di Colere, che a circa vent’anni dall’inizio di questa avventura possono contare su di una ventina di disabili mentali a stagione, cifra ben più consistente rispetto a quella relativa ai ragazzi con problemi fisici, come sottolinea la stessa Claudia: «Non c’è nessun giorno in cui non abbiamo nessuno – sottolinea Claudia – ed è ovvio che il lavoro è molto più facile con chi viene più spesso». E in questi casi, i risultati positivi non mancano: «Abbiamo ragazzi gravemente autistici, che non sopportano casco e guanti, privi di linguaggio, disturbati dal contatto fisico, dai rumori forti e dalla luce eccessiva, che hanno imparato a sciare in autonomia, scendendo accompagnati dal maestro da piste di ogni difficoltà».
Ma c’è anche il rovescio della medaglia: «Non sono poche le famiglie che abbandonano vinte dall’impegno di affrontare trasferte faticose – aggiunge Claudia – trasportando attrezzature ingombranti, sostenendo costi che nonostante le agevolazioni sono superiori a quelli di una piscina, e scoraggiati dai risultati che arrivano lentamente».
Difficoltà ampiamente preventivabili che però non scoraggiano quanti, come Claudia Ferrari e i suoi colleghi della Scuola italiana sci Colere Polzone, hanno in mente uno sport diverso da quello in voga al giorno d’oggi, sempre più condizionato dal desiderio di agonismo e competizione: «Se da un lato non neghiamo a un ragazzo la possibilità di potersi confrontare con gli altri in gare vere e proprie, la nostra priorità rimane un’altra: permettere alle famiglie di trascorrere una giornata all’aria aperta, in tranquillità, divertendosi e vedendo i propri ragazzi migliorare sotto tanti aspetti». Un nuovo modo per vivere la montagna, spesso considerata scomoda e poco accessibile, soprattutto per chi ha a che fare con il mondo della disabilità. A Colere hanno dimostrato il contrario: provare per credere.