Una scalata per il clima

Il ghiacciaio dell'Adamello, coi suoi 15 chilometri quadrati di estensione, rischia di sparire entro la fine del secolo. Un'iniziativa per combattere il riscaldamento globale

L’estate è, giocoforza, la stagione in cui gli appassionati di montagna toccano con mano, anno dopo anno, il restringersi dei ghiacciai a causa del riscaldamento globale: basti citare il caso della Marmolada, che ha ufficialmente raggiunto il “punto di non ritorno” – ossia quello in cui d’estate viene allo scoperto una quantità di roccia tale da surriscaldare anche la base del ghiacciaio, facendo sì che le nevicate invernali, per quanto abbondanti, non possano più fare presa in maniera stabile – o quello dell’Adamello, il cui spessore è diminuito di 24 metri negli ultimi 15 anni.

Proprio l’Adamello è stato scelto dalla Rete delle Università sostenibili, dal Club alpino italiano e dal Comitato glaciologico italiano per stilare e firmare una “Carta dell’Adamello” al fine di contrastare questi cambiamenti climatici ed ecologici. La scelta, ovviamente, non è stata casuale: con i suoi 15 chilometri quadrati di estensione a cavallo tra la Lombardia e il Trentino, rappresenta infatti il più vasto delle Alpi italiane; ma è destinato a sparire entro la fine del secolo se il suo arretramento proseguirà con questi ritmi, a causa sia dell’innalzarsi delle temperature che al depositarsi di polveri scure (derivate dall’inquinamento atmosferico) sulla sua superficie.

Così il 19 luglio scorso, su coordinamento dell’Università di Brescia, è stato organizzato l’evento “Climbing for climate – Una scalata per il Clima”, con cui i rappresentanti degli organismi sopra citati si sono incontrati a quota 3000 metri, al rifugio “Cadutiu dell’Adamello” (dove peraltro il gestore ha affermato di aver registrato un record di temperatura di 36 gradi) per firmare questa carta. Il documento impegna le istituzioni aderenti a collaborare con la società civile per combattere il riscaldamento globale tramite l’idonea formazione degli studenti, ricerche in grado di supportare uno sviluppo sostenibile e lo svolgimento di attività di sensibilizzazione rivolte alla comunità; premesse per arrivare alla riduzione drastica dei gas serra, secondo i traguardi previsti dall’Agenda Onu 2030, unica soluzione reale per contrastare lo scioglimento dei ghiacciai.

Una curiosità riguardo al nome: l’acronimo di “Climbing for climate” è volutamente “Cfc”, la stessa sigla di CloroFluoroCarburi, composti chimici tra i maggiori responsabili dell’effetto serra banditi dalla produzione a seguito del protocollo di Montreal, nel 1987. È stata la prima volta che le nazioni si sono accordate per difendere il clima terrestre: la cosa vuol quindi essere di buon auspicio.

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