Una rivoluzione culturale per le imprese
Un’iniziativa maturata tra realtà aziendali impegnate da anni in un progetto che affascina molti a livello teorico, ma che questi uomini e donne vivono con la concretezza e le contraddizioni di ogni impresa nel pieno di una crisi che non è solo economico e produttiva.
Si tratta di una delle novità di questa edizione dell’incontro dell'EdC (Economia di Comunione) italiana, che darà spazio ad un gruppo di professionisti che ha deciso di formare l'Associazione imprenditori italiani per una economia di comunione, intesa a fare rete e a «mettere in comune le fatiche, le esperienze, le idee, le professionalità per contribuire alla diffusione della cultura del dare ed al costante sviluppo di uomini e imprenditori, che diano vita ad imprese sempre più ispirate all’economia di comunione».
Il comitato promotore dell’associazione, che presenterà e discuterà lo statuto durante il programma di Loppiano Lab, è composto da Livio Bertola, Pietro Comper, Marco Cuccureddu, Pietro D’Amanti, Gaetano Guzzardi, Egidio Mitidieri, Antonio Piazza, Domenico Racca e Claudio Campanella. Ma cosa spinge degli imprenditori ad associarsi? Ne parliamo con Mitidieri, ingegnere e amministratore unico della Global Informatica Srl.
Chi fa impresa a partire da motivazioni ideali si espone al giudizio pubblico, soprattutto in caso di incoerenza. Cosa vi spinge a fare rete e ad incidere nella società?
«È vero, quello dell’incoerenza è un rischio sempre presente. Sentiamo però che è il momento di correrlo senza paura di sbagliare. Ciò che ci spinge è da un lato il desiderio di rendere visibile ad un numero sempre maggiore di imprenditori questo stile di “fare impresa” improntato sulla “comunione” e dall’altro quello di diventare più massa critica, più lievito all’interno della nostra società conoscendoci, organizzandoci meglio, mettendo a fattor comune le "eccellenze" di ciascuno. Oggi in Italia siamo ancora pochi (circa 200 Imprenditori). Crediamo che l’Associazione fungerà da importante "moltiplicatore"».
Se, come dite, la questione è l'ingiustizia di un mondo ineguale, non pensate che per fare una reale "rivoluzione culturale" occorre cambiare la struttura economica piuttosto che limitarsi a qualche nota di responsabilità sociale? Ormai quasi tutti redigono un bilancio sociale e fanno azioni di solidarietà. Qual è il fatto nuovo che volete proporre nel mezzo di questa crisi epocale ?
«Oggi “Etico” è bello e fare il bilancio sociale e metterlo sul sito fa chic. Noi al di là di farlo e di renderlo visibile vorremmo con la nostra vita dimostrare che la scelta della “Comunione” è un modo di per se rivoluzionario di fare economia, perché parte dal presupposto di essere pronti a perdere il proprio punto di vista per qualcosa di più grande. Quando si tocca il tema del denaro, degli interessi, dell’organizzazione del lavoro ciascuno è portato naturalmente a ritenere che il proprio modello è quello vincente. Qui noi vogliamo arrivare a dimostrare che c’è un nuovo tipo di Imprenditore, quello che si lascia governare dalla comunione, dall’ascolto attento, profondo di tutti gli stakeholders (n.d.r. tutti i portatori di interesse). E poi decide. E se ha sbagliato ricomincia! Negli anni questo modello ,ne siamo certi, si diffonderà. Ma ora è giunta l’ora che cominciamo anche a mescolarci col mondo. Portando questo annuncio. Portando questa speranza, soprattutto a chi l’ha persa».
Come considerate i lavoratori nell'impresa? Solo dei collaboratori? Partecipano alla gestione?
«Questa dei lavoratori è un'altra delle novità fondamentali di un’azienda di comunione. In essa si decide e si opera “sentito il parere di tutte le maestranze”. I lavoratori sono quelli che contribuiscono in maniera fondamentale a produrre il reddito, a produrre gli utili. Ed anche su questo punto noi vorremmo essere un po’ rivoluzionari. Vorremmo arrivare col tempo ad avere Imprese for-profit in cui non ci si limita a dei premi, ma nelle quali gli utili vengono realmente condivisi oltre che con i meno abbienti (non dimentichiamo che l’EdC è nata anche per loro), anche con i nostri lavoratori. È una grande sfida. In questo momento c’è proprio bisogno di una ‘rivoluzione culturale’. Con questa associazione che oggi muove i primi passi, vogliamo dare il nostro contributo».
(Nella foto, il Polo Lionello, a Loppiano).