Una richiesta impossibile
Per uno strano caso, ogni anno, Babbo Natale e la Befana ricevono lo stesso numero di lettere. Ogni anno, tranne quello in cui si svolge la nostra storia. Quell’anno infatti….
«Una più di me! Quel vecchio pancione ne ha ricevuta una più di me», ripeteva la Befana, senza darsi pace.
Intanto il suo collega, lassù al Polo, leggeva e rileggeva preoccupato quella lettera in più scritta su un foglio a quadretti, strappato da un quaderno.
«Caro Babbo Natale, io mi chiamo Simone e ciò sei anni. Ti scrivo per dirti che non volio gioccattoli ma tanta pace e amore perché volio che tutti si voliono bene. Io sofro cuando vedo che la gente non si vuole bene così tutti i gioccattoli del mondo non possono farmi felice.
P.S. Per favore, dici alla Befana di scusarmi che non scrivo anche a lei, ma io sono piccolo e facio fatica a scrivere due volte. P.S. credo che vuol dire: Pensaci Subito!».
Nella lettera c’erano parecchi errori, ma Babbo Natale non ci badò: era troppo preoccupato per quella difficile richiesta, per preoccuparsi della forma. Intanto c’era una cosa che doveva fare subito: andare dalla Befana, mettendo da parte il proprio orgoglio per dire a quella vecchiaccia che lui, Babbo Natale, non era in grado di esaudire la richiesta di un bambino.
«Sei renne stanno planando in giardino», annunciò alla Befana la civetta Ermione, che stava alla finestra.
«Ti pareva che quel brutto vecchio si accontentasse di starsene a casa, a godersi la vittoria? No, deve venire qui a vedere la mia umiliazione. Ma questa soddisfazione io non gliela darò, nossignori, non gliela darò!», disse la Befana. Aprì la porta di malagrazia e, con un gran cipiglio, chiese: «Chi siete? E che cosa volete da me?».
«Suvvia, vecchia mia – disse Babbo Natale –, non fare finta di non conoscermi! Lo so che non hai digerito questa lettera (e la sventolò davanti al naso adunco della Befana che si sentì svenire), ma ti prego di leggerla».
La Befana moriva dalla voglia di leggerla, ma non lo diede a vedere. Inforcò gli occhiali, prese il foglio con noncuranza e molto len-ta-men-te incominciò a leggere. Seduto su una poltrona, Babbo Natale sudava freddo, ma anche lui non lo diede a vedere. Finalmente la Befana posò la lettera, si grattò il mento appuntito e, cautamente, si informò:
«Hai già provveduto a mettere nel sacco quello che vuole Simone?».
Ecco la domanda temuta!
«Io non ho quello che chiede il bambino – disse Babbo Natale a voce bassa, fissando il tappeto –. Pensavo che tu…».
«Ebbene, vecchio mio – disse la Befana con un gran sospiro –, anche per me quella di Simone è una richiesta impossibile».
Che sollievo per entrambi, sapere che si era pari!
«Benedetto bambino, però! – disse la Befana – Perché non accontentarsi di un trenino o di un aeroplano, come tutti? Quest’anno, poi, ne ho di particolarmente belli!».
«Mai quanto i miei!», pensò Babbo Natale, ma non lo disse e si limitò a osservare: «È quello che mi son detto anch’io, ma tant’è: quello vuole e quello bisogna dargli».
Per un lungo momento Babbo Natale e la Befana rimasero in silenzio, pensierosi. Infine Babbo Natale disse: «Una volta, oltre a noi due, non c’era anche qualcun altro che portava i regali ai bambini?».
«Volevo dire la stessa cosa! – esclamò la Befana – Ma come si chiamava quell’altro? Ce l’ho qui sulla punta della lingua…».
«E lo domandi a me? Alla mia età, la memoria incomincia a fare difetto. Gennarino, ti suona giusto?».
«Gennarino no, ma mi pare che ci somigli. Facciamo uno sforzo, vedrai che lo troviamo!».
«Ge… Ge…», ripeterono più volte Babbo Natale e la Befana e infine esclamarono, a una sola voce: «Gesù bambino!».
«Secondo te, dove possiamo trovarlo?», domandò la Befana.
«Non ne ho la più pallida idea. Piuttosto: siamo sicuri che esista ancora? In giro, non se ne sente più parlare».
«Proviamo a scrivergli una letterina!», disse la Befana, illuminandosi.
Prese un foglio di carta bianco e scrisse: «Caro Gesù bambino, abbiamo ricevuto la lettera acclusa. Poiché non siamo in grado di soddisfare la richiesta contenuta, abbiamo pensato di inoltrartela: vedi un po’ se puoi fare qualcosa. Firmato: la Befana e Babbo Natale».
Sulla busta, scrisse: «A Gesù bambino dovunque egli si trovi».
«Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare. Perciò ti saluto e torno a casa», disse Babbo Natale, quando la Befana ebbe chiusa la busta.
Parve a Ermione che la Befana fosse dispiaciuta che Babbo Natale se ne andasse già. Infatti, chiese: «Ma tu le feste, come le passi?».
«Le passo con le mie renne perché tutti si ricordano di me quand’è il momento di chiedere, ma mai nessuno che si ricordi di ringraziarmi e, magari, m’inviti a mangiare una fetta di panettone!».
«Non te la prendere – lo rincuorò la Befana –, per me è lo stesso. Perché non ti fermi qui?».
Babbo Natale accettò l’invito. In quattro e quattr’otto la Befana che, nessuno lo sa, è una bravissima cuoca, preparò un pranzetto coi fiocchi. Babbo Natale fece onore al pranzo. E al momento del brindisi disse allegramente: «Buone feste!».
«Buone feste anche a te!», gli fece eco la Befana.
Poi restarono lì, con i bicchieri a mezz’aria. «Oh, insomma, non facciamo tanto i difficili! – disse Babbo Natale –. In questi casi ci si abbraccia, no, e ci si dà anche un bel bacio!».
La Befana e Babbo Natale si abbracciarono, commossi e riconciliati.
Ed era, quello, il segno certo che Gesù bambino aveva già incominciato a esaudire il desiderio del piccolo Simone.