Una rete per la “giustizia climatica”

Si è tenuta a Berlino il 12 settembre l'ottava Giornata dell'Interdipendenza. Tema di quest'anno, la lotta “equa” ai cambiamenti climatici.
mondo clima

Forse il nome dell’evento, Interdependence Day, può far pensare all’ennesima megaproduzione hollywoodiana. Invece stiamo parlando di qualcosa che è nato, nelle parole dei promotori, come «simbolo di rigenerazione post-11 settembre, un tempo per riflettere sulle sfide globali che possiamo risolvere solo riconoscendo la nostra interdipendenza». Per questo il 12 settembre è la data scelta per la “Giornata dell’interdipendenza”, ispirata dal politologo americano Benjamin Barber. L’evento, giunto all’ottava edizione, si è tenuto quest’anno a Berlino, dove circa un centinaio tra esperti, leader religiosi e rappresentanti della società civile si sono riuniti per dibattere in particolare di cambiamenti climatici.

 

A rappresentare il Movimento dei focolari, che da anni collabora con quello dell’Interdipendenza, c’era il ricercatore dell’Enea e docente universitario Luca Fiorani. Dal concetto biblico di uomo come custode del creato, alla fraternità vissuta non solo con le generazioni presente ma anche con quelle future, Fiorani ha sottolineato nei suoi interventi come la religione si inserisca nelle ragioni più profonde per combattere i cambiamenti climatici. Come “declinazione pratica” ha proposto l’idea elaborata dal movimento EcoOne di una Banca internazionale delle tecnologie: «Spesso i Paesi sviluppati – spiega Fiorani – operano una vera e propria esportazione dell’inquinamento, vendendo ai Paesi in via di sviluppo impianti che non utilizzano più proprio perché inquinanti. Vorremmo invece creare una banca dati gratuita in cui tutti possano avere accesso alle conoscenze e alle tecnologie più avanzate in questo senso, finanziandola con i contributi dei Paesi sviluppati». Non quindi una nuova agenzia ambientale internazionale, come era inizialmente stato proposto, ma piuttosto «una rete di Paesi che coniughi, come auspicato già da Giovanni Paolo II, la lotta ai cambiamenti climatici con uno sviluppo equo». Il tema della giustizia climatica è stato infatti ben presente nei dibattiti, che si sono sviluppati anche attorno al ruolo delle città, della società civile e del settore privato in questo campo.

 

Benjamin Barber nel suo intervento ha ricordato la fruttuosa collaborazione e profonda amicizia con Chiara Lubich, così come l’imam Sajid, vincitore del premio dell’interdipendenza di quest’anno per il suo impegno nel dialogo interreligioso, ha riconosciuto il prezioso contributo dei Focolari in questo percorso. I ringraziamenti sono andati anche alla presidente del Movimento dei focolari Maria Voce, che in tale veste ha ricevuto lo stesso riconoscimento nel 2008 in memoria di Chiara Lubich.

 

Numerosi erano i giovani presenti, anche grazie al fatto che si svolgeva in contemporanea il Global interdependence youth summit (vertice mondiale dei giovani per l’interdipendenza). «Hanno portato una ventata di freschezza e novità – osserva Fiorani – che ha aiutato a concludere con una nota di ottimismo. Come ha osservato lo stesso Barber, la storia dà ragione agli ottimisti: negli anni Ottanta nessuno avrebbe creduto alla caduta del muro, e invece ci stavamo incontrando in una città non più divisa già da vent’anni». Certo viene da chiedersi che cosa possano fare un centinaio di persone; ma, prosegue il ricercatore citando Chiara Lubich, «sono le grandi idee che fanno la storia. Il nostro compito è quello di elaborarle, per poi proporle a chi ha i mezzi per metterle in pratica».

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