Una responsabilità più grande
22 nuovi cardinali per la Chiesa. Benedetto XVI ha imposto la berretta rossa a 18 nuovi “principi della Chiesa” che saranno anche elettori del nuovo papa, mentre quattro saranno degli ultraottantenni che, in ogni caso, non potranno partecipare a un conclave per sopraggiunti limiti d’età.
Tra loro il brasiliano João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione dei religiosi. Proprio un anno fa, il 16 febbraio, è arrivato a Roma per il nuovo incarico affidatogli dal papa.
Nato a Mafra nel 1947, nello Stato di Santa Catarina, nel 2004 è stato nominato arcivescovo di Brasilia e, prima di trasferirsi a Roma, ha anche ricoperto il ruolo di presidente dei vescovi della regione Centro-Est del Brasile.
Cosa rappresenta questa nuova responsabilità che la Chiesa Le chiede?
«Nel mio cuore penso che essere cardinale abbia alcune dimensioni importanti. La prima è essere espressione profonda di una comunione con il santo padre. Vorrei fare da sfondo come Maria per creare quello spazio interiore attorno al papa perché lui possa manifestare la volontà della Chiesa per tutti noi. Un’altra dimensione è quella del servizio. Diventare cardinale non mi sembra esprima una dignità più grande, anche se è una grande responsabilità, ma solo la possibilità di compiere un servizio maggiore. L’ultima dimensione è che questa missione a cui sono stato chiamato mi permette di vivere meglio il motto che ho scelto per il mio episcopato, «ut omnes unum sint» (che tutti siano uno). E poter lavorare per l’unità nella Chiesa, tra le diverse Chiese cristiane, per il dialogo interreligioso e con persone di altre convinzioni».
Come interpreta il suo ruolo presso la Congregazione?
«Sono arrivato dal Brasile un anno fa, il 16 febbraio. Avevo un grande timore nel cuore perché non conoscevo il mondo complesso della Curia Vaticana e, inoltre, non conoscevo nulla della Congregazione che Benedetto XVI mi ha affidato. Ho constatato, però, che il fatto di non avere un mio schema mentale su come portare avanti il mio lavoro mi ha aiutato ad aprirmi alla comunione con il segretario della Congregazione, con i cinque responsabili degli uffici per creare dei buoni rapporti che si stanno consolidando. Penso che il significato di essere cardinale sia anche la gioia della paternità, di poter lavorare insieme, aiutare i vari organismi della Congregazione. Così, per me, si è stabilito anche un rapporto forte con i vari ordini religiosi, con l’Ordo Virginum, le varie organizzazioni mondiali per i religiosi. Sono rapporti che permettono di conoscersi meglio per superare insieme le eventuali difficoltà».
La Curia Vaticana è in questi giorni al centro di polemiche sui media di tutto il mondo. Come “legge” queste notizie?
«Quello che si legge non mi appare del tutto trasparente. Sono riportati dei fatti in modo non corretto e non centrati sull’argomento. Però, chiunque fa pubblicare un testo riservato è infedele alla propria missione, perché fa del male alla Chiesa. Tutti sappiamo che ci possono essere dei problemi e lavoriamo, appunto, per risolverli.Come allo stesso tempo non si può approfittare di una situazione per un vantaggio o per profitti personali. Non so quanto queste persone siano degne di ricoprire certi ruoli».
La lista dei nuovi cardinali comprende anche Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, e altri nove capi dicastero o responsabili di uffici curiali: il brasiliano João Braz de Aviz (prefetto della Congregazione dei religiosi), il portoghese Manuel Monteiro de Castro (penitenziere maggiore, nominato in questo incarico poche ore prima dell’annuncio del concistoro), Giuseppe Bertello (presidente del Governatorato del Vaticano), Domenico Calcagno (presidente dell’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica), Giuseppe Versaldi (presidente della Prefettura degli affari economici della Santa Sede), lo spagnolo Santos Abril y Castelló (arciprete della Basilica papale di Santa Maria Maggiore), lo statunitense Edwin Frederick O’Brien (gran maestro dell'Ordine equestre del Santo sepolcro), Antonio Maria Vegliò (presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti), Francesco Coccopalmerio (presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi).
I vescovi diocesani sono invece otto: Giuseppe Betori (arcivescovo di Firenze), l’indiano George Alencherry (arcivescovo maggiore dei siro-malabaresi), il canadese Thomas Christopher Collins (arcivescovo di Toronto), l’olandese Willem Jocoby Eijk (arcivescovo di Utrecht), il cinese John Tong Hon (vescovo di Hong Kong), il tedesco Rainer Maria Woelki (arcivescovo di Berlino), lo statunitense Timothy Michael Dolan (arcivescovo di New York), il ceco Dominik Duka (arcivescovo di Praga).
A questi diciotto si aggiungono altri quattro cardinali ultraottantenni. Sono: padre Prosper Grech, consultore presso la Congregazione per la dottrina della fede, padre Karl Josef Becker, docente emerito della pontificia università Gregoriana, monsignor Lucian Muresan, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica rumena, monsignor Julien Ries, professore emerito di Storia delle religioni presso l’università Cattolica di Lovanio, il fondatore dell’antropologia religiosa fondamentale.