Una regione in movimento

La presidente brasiliana è in visita a Cuba. Importante intervento economico del Brasile, mentre la regione cerca di trovare il suo assetto
Dilma Roussef
Durerà 48 ore la prima visita ufficiale della presidente del Brasile, Dilma Roussef, a Cuba, ma queste saranno di massima importanza in primo luogo per l’economia cubana, da decenni sotto gli effetti dell’embargo statunitense. Il Brasile svolge in questo momento il ruolo di locomotiva della regione, sia politica che economica. Ed ha un significato tutto politico l’iniziativa di appoggiare l’esausta economia dell’isola dei Caraibi.

Il governo di Brasilia ha deciso di mettere a disposizione di Raul Castro 663 milioni di dollari attraverso la Banca statale per lo Sviluppo Economico e Sociale, mentre è in marcia un credito di altri 70 milioni di dollari per l’acquisto di trattori per gli agricoltori e l’ammodernamento del porto di Mariel ad opera di una multinazionale brasiliana, la Odebrecht. A questo si aggiunge l’offerta di tecnologia per la produzione di etanolo partendo dalla canna da zucchero, prodotto tipico cubano.

La politica estera brasiliana sta cercando da tempo di sostenere la stabilità politica di Cuba anche in vista dell’inevitabile processo politico che segnerà l’ormai prossima fase post-castrista di cui nessuno oggi è in grado di prevederne la rotta. Un lavoro di contenimento che cerca di smussare i toni delle polemiche sempre accese nei confronti del regime cubano, e tiene conto anche della situazione non sempre facile del vicino Venezuela, alleato di Cuba ma non sempre opportuno consigliere. Un eventuale ritorno dell’egemonia statunitense nella zona, sull’onda lunga di un eventuale convulsione politica nell’isola potrebbe infatti avere conseguenze imprevedibili. Tra l’altro, pur se in modo dialettico e con vari distinguo, è accettata in linea di massima da tutti gli altri Paesi sudamericani la leadership brasiliana.

Più a sud, scuotendo un poco il torpore della canicola di un estate caldissima, il presidente dell’Uruguay Josè Mujica sta cercando di smuovere le acque calme del Mercosur, tessendo un dialogo intenso con la sua pari argentina Cristina Fernandez. «Il primo indizio di stagnazione – ha dichiarato il presidente uruguayano – proviene dal fatto che non appaiono altri soci disposti ad investire nella regione», riferendosi alle divergenze commerciali che di volta in volta devono risolvere i capi di governo in assenza di meccanismo automatici di intervento a meno alto livello. D’altra parte, l’annunciato ingresso del Venezuela ancora si muove nelle pastoie burocratiche, mentre ne Bolivia ne Chile si decidono a trasformarsi in membri pur dichiarandosi soci, ciascuno per ragioni diverse.

Anche se la necessità di consolidare processi politici interni caratterizzano in questo momento la realtà politica sudamericana, forse a scapito di una visione più generale, comune e lungimirante. Le turbolenze europee di questi mesi invitano certo alla prudenza, anche perché la regione sudamericana finora è stata interessata solo tangenzialmente dall’attuale crisi finanziaria.  Ciò non toglie che solo la consolidazione di un forte blocco politico ed economico (Unasur? Mercosur?) potrà assicurare un migliore sviluppo della regione.

 
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