Una questione di fiducia

Elezioni presidenziali in Sri Lanka. Vince il presidente uscente in un panorama sempre precario. Dopo la guerra serve vera riconciliazione.
Rajapaksa

Strano davvero il destino della “perla dell’oceano indiano”: lo Sri Lanka, antica Ceylon, non fa notizia. Non l’ha fatta durante i vent’anni di una delle guerre più cruente del XX secolo, conclusasi solo alcuni mesi fa. E continua a non farla in questi giorni, nonostante le elezioni presidenziali. La tornata elettorale ha visto la conferma di Mahinda Rajapakse, il presidente uscente, che ha sconfitto Sarath Fonseka, generale ormai in pensione, protagonista della sconfitta dei guerriglieri Tamil.

 

Interessante, quindi, la corsa elettorale che ha visto due protagonisti principali della soluzione del conflitto contendersi la poltrona più alta dell’isola del sub-continente indiano. L’elettorato si è spaccato in due: i cingalesi hanno appoggiato il presidente uscente, mentre la minoranza tamil ha seguito il generale che pure ha guidato l’esercito alla sconfitta di Prabhakaran e delle sue temutissime Tigri, i guerriglieri che hanno seminato morte a partire dagli anni ottanta. Più credibili le promesse del generale alle orecchie dei Tamil, che escono dalla guerra con prospettive piuttosto nebulose.

 

Il presidente, se è considerato dai cingalesi l’eroe della nazione per aver risolto politicamente e militarmente il conflitto, si trova ora a dover riguadagnare la fiducia dei Tamil e, allo stesso, tempo ricucire il rapporto e la credibilità reciproca fra le due comunità. Non è un compito facile anche se Rajapakse ha affermato che «la maggior parte delle incomprensioni erano dovute agli scontri armati. Ora tutto è concluso, questo è il mio secondo mandato e possiamo lavorare insieme per affrontare tutti i problemi più grossi del Paese».

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