Una politica che renda onore all’uomo
Un approfondimento della prolusione del presidente della Cei e la presa di posizione dei vescovi liguri. Un'ampia analisi della situazione della società italiana, dall'aborto alla corruzione, e un invito ai cittadini perché siano responsabili.
«Vogliamo interrogarci sulle condizioni del tempo in cui operiamo»: questo l’obiettivo che il card.Bagnasco ha indicato al Consiglio permanente della Cei aprendone i lavori. E nei nove paragrafi del documento, che riempiono diciannove fitte cartelle, di temi del «tempo in cui operiamo» – temi che vengono fatti discendere dall’invito paolino a «lasciarsi riconciliare con Dio» (a partire dalla «misteriosa e gratuita precedenza divina» nell’amore all’uomo fino ad affermare che «credere a Dio vuol dire non ignorare il volto del Cristo crocifisso») – ne troviamo innumerevoli, tutti meritevoli di riflessione e di approfondimento.
Eppure – era prevedibile – quell’intervento è stato “letto” e presentato a senso unico dai media unicamente come una indicazione di voto per le elezioni nella regione Lazio: «I vescovi: un voto contro l’aborto». Ci siamo persi qualcosa? C’è una parte politica che ha inserito nel suo programma elettorale delle ultime consultazioni politiche iniziative in questa direzione? Vi sono progetti di legge di revisione della 194 che attendono di essere discussi dal Parlamento? Ci saremo distratti, ma pensavamo che la prossima domenica si votasse per il rinnovo dei consigli regionali…
«Non ignorare il volto del Cristo crocifisso». Quanti di questi volti individua Bagnasco nella sua prolusione, senza pudori o infingimenti! A partire dall’affrontare a cuore aperto il problema degli abusi sessuali compiuti su minori da parte di ecclesiastici («crimini odiosi che non possono trovare scuse in attenuanti e condizionamenti»), per poi proseguire con la dichiarazione del contributo che, insieme alle conferenze episcopali degli altri Paesi europei, i vescovi italiani intendono dare alle iniziative per l’Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale (perché «c’è tanta, troppa sofferenza nel mondo, e attenuare il carico di dolore prodotto è una missione cui tutti devono partecipare, quale che sia la loro competenza»).
Il card. Bagnasco entra poi nel vivo di una analisi della società italiana, che invita a conversione. «Una società non si rinnova per legge, per qualche automatismo generale o in forza di un’indagine sociologica, ma solo a condizione che più soggetti decidano consapevolmente di farlo. Se uno invece passa la mano, e attende che altri facciano quello da cui egli si auto-esonera, allora davvero si finisce in una stagnazione etica che fatalmente indebolisce e logora l’intera convivenza».
E individua taluni «motivi di contingente quanto seria preoccupazione». In testa pone il lavoro, che è «bene per l’uomo, per la famiglia e per la società, ed è fonte di libertà e responsabilità». Trovarsi spiazzato sul fronte dell’occupazione, dice, è una sofferenza acuta. Lo è soprattutto per i giovani, perché «meno garantiti e poco sussidiati nel loro tuffo verso la vita». Lo è per i piccoli imprenditori. Lo è per le troppe famiglie oggi in ansia per una somma di problemi complessi. E i casi di suicidi verificatisi negli ultimi mesi tra i lavoratori minacciati dalla crisi ne offrono una tragica evidenza.
C’è poi una seconda emergenza, individuata nella necessità di una ricerca di una fondamentale strategia di integrazione degli immigrati presenti sul territorio italiano: «Nessuna persona ha il diritto di ritenersi superiore ad altre: gli immigrati sono donne e uomini come noi», ricorda Bagnasco, sollecitando la politica ad «iniziative di ricomposizione, così da mantenere sufficientemente coesa la cittadinanza».
Nei due paragrafi finali Bagnasco sottolinea con forza le motivazioni che richiamano l’attenzione della società su altre due emergenze: l’aggravarsi delle violazioni del «diritto alla vita» e il dilagare della corruzione in ambito pubblico.
Il tema dell’aborto è sollevato dal presule in termini lucidamente razionali, attraverso la constatazione di come esso abbia «ormai perso l’immagine di una pratica eccezionale e dolorosa, compiuta per motivi gravi di salute della madre o del piccolo», traendo spunto dai dati impressionanti illustrati di recente in un rapporto presentato dall’Istituto per le politiche familiari in Europa. E viene invitata la società a fare un esame di coscienza. «Non per caricare fardelli sulle spalle altrui, né per provocare aggravi di pena a chi già è provato – tiene a precisare Bagnasco –, ma per il dovere che la società ha, per sé stessa, di guardare avanti in direzione del futuro». E perché, aggiunge, «all’orizzonte nulla si muove che possa lasciar intravedere un qualsiasi contenimento di questa ecatombe progressiva». Come dargli torto? Perché é proprio vero che «è in incubazione un’ulteriore silente rivoluzione, compiuta grazie alla diffusione di nuovi metodi abortivi sempre più precoci che, se effettuati in casa, magari in solitudine», trasformerebbero l’aborto «da problema sociale in un atto che non intersecherebbe più in alcun modo la collettività, neppure sul residuale versante sanitario».
E c’è poi, per Bagnasco, ancora una emergenza nella società italiana, rappresentata «dalle diverse inchieste in corso ad opera della magistratura», rispetto alle quali, «senza per questo anticiparne gli esiti finali», i vescovi sentono di «dover chiedere a tutti, con umiltà, di uscire dagli incatenamenti prodotti dall’egoismo e dalla ricerca esasperata del tornaconto e innalzarsi sul piano della politica vera». Una idea alta di politica individuata da Bagnasco come «qualcosa di sacro in ciò che fonda ogni società». Una politica «capace di rendere onore all’uomo in quanto uomo, sempre cioè figlio di Dio».
Riguardo al tema della corruzione, Bagnasco è fin troppo esplicito nel suo invito rivolto a tutti, politici e cittadini: «Mettere fine a quella falsa indulgenza secondo la quale, poiché tutti sembrano rubare, ciascuno si ritiene autorizzato a sua volta a farlo senza più scrupoli. Se per assurdo ciò accadesse, cosa che non è – precisa il presule – non si attenuerebbe in nulla l’imperativo dell’onestà». Aggiungendo che «per i credenti questo obbligo assurge alla dignità di comando del Signore, dunque non si può venir meno». Con ciò alludendo al fatto che, per i cristiani, «non uccidere» e «non rubare» non sono soltanto reati penali, ma sono anche peccati sociali.
C’è, nel documento di Bagnasco, una sollecitazione anche a votare in modo responsabile? C’è indubbiamente, con l’invito esplicito a tener conto dei «programmi elettorali chiaramente dichiarati e assunti dinanzi all’opinione pubblica, e rispetto ai quali la stessa opinione pubblica si è abituata ad esercitare un discrimine sempre meno ingenuo, sottratto agli schematismi ideologici e massmediatici». È un chiaro atto di fiducia verso i cittadini-elettori, ritenuti sufficientemente maturi per scelte autonome e responsabili e sempre meno etero-dirette.
La chiave di lettura dei programmi elettorali è decisamente riferibile al quadro di valori e di diritti, ed ai problemi emergenti nella società contenuti nel documento: il rispetto della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale; ed in mezzo fra questi due diritti naturali, tutta la vasta gamma degli altri fronti aperti di “difesa della vita”: la tutela e il sostegno della famiglia; il diritto di libertà religiosa; il diritto al lavoro e alla casa; l’accoglienza degli immigrati; la promozione della giustizia e della pace; la salvaguardia del creato. «Tali valori – leggiamo nel comunicato diffuso oggi dai vescovi liguri (con Bagnasco primo firmatario) – non possono essere selezionati secondo la sensibilità personale, ma vanno assunti nella loro integralità. Solo nel loro insieme esprimono una concezione dell’uomo, della comunità e del bene comune, che costituisce il centro della Dottrina sociale della Chiesa, e rivelano quel collegamento tra etica della vita ed etica sociale che Papa Benedetto XVI ha più volte sottolineato».