Una Parola per la nostra vita
“Vocazione”, quante volte ne sentiamo parlare nei nostri ambienti ecclesiali! Nella vita di ogni giorno o anche già al catechismo, fin da bambini, l’abbiamo sentita pronunciare, talvolta unicamente riferendosi alle vocazioni legate al ministero del presbitero e alla vita religiosa nelle sue varie forme. A questo proposito scrive Christoph Theobald:
A lungo il proiettore è stato fissato di preferenza sulla figura sociale che questa parola (vocazione) rappresenta, come una specie di risultato visibile di un processo rimasto segreto: «un tale ha la vocazione, una tale ne ha un’altra», sottolineando quella del prete o della religiosa, «ma io non ce l’ho». Oggi non è forse necessario fissare il proprio sguardo prima di tutto sull’esperienza che si cela dietro questo sostantivo? Dietro questa parola, che indica generalmente una specie di «avere», si dimentica forse che c’è l’«agire».
Ci è stato detto magari che dovevamo capire quale fosse la nostra vocazione, quasi si trattasse di qualcosa di già predeterminato e che noi dovevamo solo scoprire, per essere felici e realizzarci nella nostra vita, compiendo la volontà di Dio.
Ma è proprio questo che si intende nella Bibbia quando si parla di vocazione? Inoltre dobbiamo anche chiederci: quale concetto di vocazione può essere proposto agli uomini e alle donne del nostro tempo?
A partire dal Concilio Vaticano II, la modalità di parlare della vocazione è cambiata molto nella Chiesa. Si è passati da un’idea di vocazione unicamente legata alla chiamata alla vita religiosa o al ministero ordinato, a una visione differente e più ampia, capace di considerare come una chiamata ogni scelta di vita cristiana, compresa quella laicale e matrimoniale. Per molti è stata e, a volte, è ancora una grande scoperta capire che anche quella degli sposi è una vocazione. […]
Se è vero che è stato fatto questo passo in avanti, occorre chiedersi che cosa intendiamo quando parliamo di vocazione personale. Pensiamo ancora a un destino ineluttabile che Dio ha predisposto per ognuno di noi fin dalla fondazione del mondo? Ci riferiamo a una possibilità da non perdere per la nostra realizzazione? Dio veramente pensa a ognuno di noi prefissando ciò che dobbiamo fare nella vita? La vocazione riguarda un momento particolare della nostra esistenza di credenti, oppure è la vita cristiana, in quanto tale, a essere risposta a una chiamata da rinnovare ogni giorno?
Senza dubbio l’affermazione che Dio pensa a ogni uomo e a ogni donna singolarmente è un aspetto fondamentale da tener presente e da salvaguardare. Si tratta di un aspetto del tema della vocazione a cui non possiamo rinunciare, se pensiamo in base alla tradizione biblica. Il Dio della rivelazione ebraico-cristiana è un Dio che incrocia e incontra le storie personali degli uomini e delle donne, nessuno escluso.
Nel tentativo di formulare una visione di che cosa sia la vocazione per la nostra vita, magari più matura e più vera di quella che comunemente può essere divulgata, non possiamo dimenticare questa sottolineatura. Infatti, se prendiamo in mano la Bibbia, troviamo che il Dio di Abramo e di Gesù vuole incontrare uomini e donne concreti, con un nome, un volto e una loro storia personale e comunitaria.
Se questo è vero, rimane la domanda: come pensare la vocazione? Possiamo vedere la vocazione come una decisione di Dio presa nostro malgrado e che noi dobbiamo riuscire a individuare per essere felici e compiere la sua volontà su di noi? La vocazione può essere vista come una scelta già fatta da Dio, alla quale noi ci dobbiamo semplicemente adeguare?
La Scrittura ci conduce verso una visione certamente differente di vocazione che, pur salvaguardando la libertà di Dio e il suo rapporto personale con ognuno, prende sul serio anche la libertà dell’uomo non solo nel dare o no l’assenso alla chiamata di Dio, ma anche nel costruire insieme a lui la propria esistenza.
La vocazione, nella tradizione ebraico-cristiana, non può che essere un’azione di Dio e dell’uomo insieme, qualcosa che si costruisce in un dialogo portato avanti da due libertà. Per questo si potrebbe definire la vocazione come «la Parola di Dio per la nostra vita». Ogni vocazione, ogni chiamata nella Bibbia è una parola di Dio da accogliere e incarnare nella vita dei singoli e del popolo. Poi certamente tale chiamata si concretizzerà in scelte ben precise, in missioni concrete, in forme di vita specifiche, ma originariamente la nostra vocazione è una parola di Dio che abbiamo ascoltato come rivolta a noi e che siamo chiamati a fare nostra. […]
Essa ha due protagonisti ugualmente attivi, sebbene la parola di Dio e la gratuità del suo dono vengano sempre per primi. L’uomo non deve unicamente scoprire la propria vocazione, ma deve costruirla insieme con quel Dio che lo chiama.
In questa prospettiva, la vocazione non può essere intesa come un momento puntuale: «Quando hai sentito la vocazione?». Essa è un’esperienza che accompagna tutta la vita del credente. Certo, ci potranno essere eventi particolari, tappe significative, incontri decisivi, ma la vocazione accompagna tutta l’esistenza. Il credente è sempre un uomo, una donna che ascolta la parola che Dio ogni giorno rivolge alla sua vita e fa della sua vita una risposta a tale chiamata.
Da “Verso la terra che ti indicherò. La vocazione come risposta alla parola di Dio” di Matteo Ferrari, pp. 144 – € 14,00