Una palla di fuoco su Pavia

Grande incendio nell’impianto dell’Eni dove si trasformano 170 mila barili al giorno di greggio proveniente da Russia, dall’Africa, dall’Asia. Interventi di sicurezza e prime anali dei rischi all’ambiente
eni

Tutte le strutture della Regione si sono subito attivate e io sono personalmente in contatto con le autorità per monitorare costantemente la situazione", è quanto ha assicurato il governatore della Lombardia, Maroni. E presto per valutare le conseguenze ambientali sulle quali stanno lavorando, oltre a soccorso sanitario e vigili del fuoco, squadre della protezione civile, Arpa e forze dell'ordine.

Sembrerebbe non ci sia tata caduta di particolato al suolo, probabilmente perché il prodotto che è bruciato è raffinato e anche perché i venti stanno spingendo il fumo in verticale, questo viene altresì confermato dalla prefettura di Pavia che ha diffuso una nota nella quale spiega che la nube sviluppatasi dall'incendio non provocherebbe ricadute, anche se è stato consigliato agli abitanti della zona di non uscire di casa, e le scuole oggi sono rimaste chiuse.

 

L’incendio siè sviluppato nell’impianto Est nella raffineria Eni della Bassa Lomellina, in provincia di Pavia, una delle più grandi d'Italia, dove si lavora il greggio che arriva dalla Russia, dall’Africa, dall’Asia, 170 mila barili al giorno,  si trova a Sannazzaro de' Burgondi è scoppiato il primo dicembre pomeriggio poco prima della 16 . Raccontano i testimoni di aver visto una palla di fuoco alta decine di metri che si è sprigionata da un reattore dell'impianto seguita poi da una colonna il fumo nero che ha impestato l'aria.

 

Secondo l’assessore alla Protezione Civile, Roberto Fuggini, "è uno dei più grossi incidenti che si siano mai verificati in questo impianto" che già nel mese di luglio aveva registrato un altro incendio.

Si stanno valutando i danni alle strutture che sono ingentissimi. La nube di fumo è arrivata anche in Piemonte, nelle zone di Alessandria, Tortona e Ponte Curone, spiega una nota della sala operativa della Protezione civile regionale, ma è a quote elevate, «senza ricadute al suolo».

Qui fra dipendenti diretti e lavoratori dell’indotto, lavorano  in media un migliaio di persone. La raffineria di Sannazzaro è sorta nel 1963, in una zona della campagna lombarda dove vi era una grande coltivazione di riso, a scegliere il luogo fu il fondatore dell’Eni, Enrico Mattei, per una ragione precisa: la loro posizione strategica nel cuore del triangolo industriale tra Genova, Torino e Milano. All’inizio si lavorano intorno sui 5 milioni di tonnellate l’anno di petrolio greggio, poi negli anni settanta si raddoppiata, continuando a crescere fino ai giorni nostri. Ora l’impianto riesce a soddisfare da solo gran parte del fabbisogno di energia del nord-ovest.

Il prodotto finito, benzina e gasolio in prevalenza, viene distribuito utilizzando un sistema misto di trasporti. Buona parte passa dagli oleodotti che collegano la raffineria a grandi depositi come quelli di Rho, Volpiano (To), Fiorenzuola (Pc) e Genova, ma vengono utilizzate anche autobotti e cisterne (centinaia ogni giorno) che riforniscono depositi in Svizzera e Austria. Nel2006 si è aggiunta una centrale per la produzione di energia elettrica a ciclo combinato, situata nel territorio di Ferrera Erbognone.

 

Con un investimento di oltre un miliardo, nel maggio 2011 viene avviato il cantiere per la creazione del progetto Est (Eni Slurry Technology) che permette la conversione dei residui petroliferi pesanti in benzina e gasolio. «Si tratta — aveva specificato la stessa compagnia — della prima scoperta scientifica e tecnologica italiana nel settore e il più grande progetto industriale in corso nel Paese.

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