Una pace negata troppo a lungo

Raccolto in un dossier il calvario del popolo colombiano tra il 1958 e il 2012: 220 mila morti, circa 5 milioni di rifugiati, 25 mila desaparecidos, 27 mila sequestri di persona, 10 mila amputati per le mine antipersona
Combattente delle Farc

Il Centro nazionale della memoria storica della Colombia ha consegnato al presidente Juan Manuel Santos il dossier su circa 65 anni di violenza nel Paese, intitolato: Basta!

Dal testo emergono dati che confermano l’urgenza di mettere fine al conflitto interno con la guerriglia delle Farc e con l’Eln, sul quale si negozia a L'Avana dallo scorso novembre. I morti tra il 1958 e il 2012 sono stati 220 mila, di cui un quinto combattenti mentre 170 mila vittime civili. Un civile morto per ogni quattro combattenti, dunque, e di questi 11 mila sono morti in massacri collettivi, perpetrati nel 60 per cento dei casi dai paramilitari.

Circa 5 milioni sono i colombiani che hanno dovuto rifugiarsi altrove, 25 mila i desaparecidos, 27 mila i sequestri di persona, in gran parte utilizzati dalla guerriglia, che per anni hanno bloccato i contatti tra una regione e l’altra del Paese. Circa 1.700 i casi di violenza sessuale, 6 mila i bambini reclutati per imbracciare le armi e 10 mila le persone che hanno sofferto l’amputazione di un arto a seguito delle ferite riportate per le mine antiuomo disseminate nelle campagne.

Il dossier entra nei dettagli di questi anni di dolore e di esilio. Lo fa anche nel caso delle torture sofferte dalle vittime, che spesso non possono nemmeno sperare nella giustizia o in uno Stato in grado di garantire la vita e la sicurezza propria e dei propri cari. In alcuni casi vengono narrati fatti veramente atroci, frutto della formazione impartita in veri e propri corsi del terrore nei quali venivano addestrati, più che altro, militari e paramilitari.

Sono molte le testimonianze, apparse nel documento, dell’esilio e delle ingiustizie patite spesso solo per essersi trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato. È stata dunque anche un'occasione per dare voce a chi ha vissuto nel silenzio e nella solitudine il dramma sofferto.

Oggi, forse, nelle grandi città si vive questa realtà come qualcosa di lontano. Ma di fronte a queste cifre il suo peso nel presente non può non farsi sentire. Nella presentazione si parla, appunto, di «una società (quella colombiana) affranta dal suo passato, ma con la speranza nel futuro». Il documento è infatti stato realizzato con lo sforzo di «ancorare nel presente» un Paese che vuole uscire da questa lunga notte collettiva.

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