Una nuova scuola di pensiero
“Bisognerebbe riuscire a fare una cultura che sia profondamente cultura, che sia vera cultura, la più elevata, ma che sia assimilabile da milioni di persone.” Un’altra dimensione fondamentale dell’uomo che porta conseguenze decisive per lo studio è la sua socialità. Se noi diciamo: l’uomo è naturalmente sociale, esprimiamo una verità che porta delle conseguenze enormi a tutti i livelli, compreso quello della conoscenza. Si tratta in primo luogo del fatto che la verità va raggiunta a corpo, e quindi dobbiamo essere sempre aperti a lasciarci completare dalla verità altrui. Tanto più oggi, in cui nessuno può arrivare ad avere una conoscenza che comprenda tutta la realtà. Quello però che vorremmo sottolineare è che non basta un qualunque lavoro in équipe un mettere assieme tante idee, tante conoscenze, per trovare una sintesi. Non è possibile prendere più cose morte per fame una cosa viva. Una vera sintesi superiore e diversa potranno farla solo delle persone che non restino sul piano dell’astrattismo, ma che siano loro stesse fuse in unità. Quella comunione profonda che Gesù è venuto a portare tra gli uomini, è fonte di luce sempre nuova. Una profonda unità con Dio e con gli altri offre lumi nuovi per affrontare ogni problema. Ci vuole contemporaneamente la cultura e l’unità per superare teorie sconnesse e per arrivare sia a una sintesi più alta, sia a certe intuizioni in qualche senso nuove ed originali, impastate di sapienza umana e divina. Cultura di massa Una scuola così impostata risolverebbe anche un problema molto attuale: spesso la scuola, soprattutto quella superiore, è stata concepita come scuola di élite, cioè come scuola per alcuni uomini, non per l’umanità. Per questo si è specializzata: sembrava più facile andare avanti con le persone cosiddette colte ed intelligenti. In realtà è stato un estraniarsi dalla vera umanità di cui ha sviluppato soltanto alcuni aspetti. Bisognerebbe invece arrivare (forse è un sogno; forse è un’utopia, ma penso che dovrebbe essere storicamente possibile) ad una cultura di massa: riuscire a fare una cultura che sia profondamente cultura, che sia vera cultura, la più elevata, ma che sia assimilabile da milioni di persone, che sia comunicabile a milioni di persone. È forse qui l’impasse delle attuali università. Bisogna arrivare ad una cultura intersoggettiva, ma soprattutto ad una forma di comunicazione e di espressione che tutti devono poter capire. Altrimenti non è cultura: è una cultura solo di una parte di umanità che pensa, ma non è la cultura dell’uomo. Ora non è detto che tutti sapranno tutto, non è questo naturalmente che si vuol dire. Ma dovrebbe succedere come con il Vangelo, che è fatto per tutti gli uomini; così la vera cultura deve essere fetta per tutti gli uomini. O si riesce a dare l’uomo all’uomo, o si daranno soltanto delle astrazioni, delle formule, a pochi uomini che non sono l’umanità. La vera grande cultura antica era seguita dalle folle. Ricordiamo le grandi tragedie greche, o l’Odissea, l’Iliade, i grandi poemi; erano forse una scuola di élite? No, era il popolo che vibrava, che viveva. E noi oggi diciamo: ma come facevano? Proprio perché era vera cultura vibravano, perché esprimeva l’umanità. Lo stesso quando si pensa a san Paolo. Come faceva a dire delle cose così alte a delle persone che non erano certamente dei dotti? – potrebbe domandarsi qualcuno. È che noi abbiamo un concetto sbagliato dell’ignoranza. Le persone a cui erano indirizzate quelle lettere erano umanità, e quelle parole erano universali ed in esse s’esprimeva l’umanità; davano delle cose che tutti capivano perché sono la vita degli uomini. Un Agostino, un Crisostomo, parlavano facendo un’esegesi rivolta alle folle. Perché? Perché c’era questo humus, vero, reale, che era vera cultura, era 1’essere umanità che s’esprimeva. Se si riesce a parlare non soltanto per alcuni uomini, per i musei, per un’umanità astratta, ma in maniera da essere compresi da tutti, dalle persone vive, dall’umanità reale, dalle persone che vivono il mondo di oggi, nelle esigenze dì oggi, con l’intelligenza di oggi, soltanto allora faremo vera cultura. Le cose vere sono per tutti, sono fatte per tutti. Questa universalità di comprensione è uno dei segni per capire se quello che diciamo è invenzione nostra o vera saggezza e sapienza. Questo non vuoi dire che il pensatore non debba affrontare le difficoltà, le asperità del pensiero secondo le sue leggi; che non conosca quella che Hegel chiamava la fatica del concetto; ma tutto, poi, va sciolto il più possibile nella comunione, nel dono della comunicazione. I libri possono diventare cattivi compagni se ci allontanano dall’esistenza e dall’essere per trasferirei in categorie astratte e difficili, quando solo nel cuore dell’umanità – la cui intelligenza tende fondamentalmente alla verità – si ha la vera saggezza. Oltre tutto, Gesù è nell’umanità, specie là dov’è crocifisso. È nella sofferenza, è nel dolore che si trova la sapienza. Certo, non dobbiamo non cogliere un lavoro che qui ci si presenta: restituire l’uomo all’umanità. Un abuso di tecnica ha condotto a forme consumistiche che hanno appannato l’essereuomo dell’uomo. È a questo che occorre riportare l’uomo di oggi. Ma abbiamo un grande alleato: l’irriducibile umanità che niente e nessuno può distruggere nell’uomo. L’insegnamento nuovo Si tratta in conclusione di passare da un piano di studio nel senso di nozioni astratte e di erudizione, ad uno studio basato su un altro concetto di uomo e di cultura. Un uomo unificato che vale non per quello che possiede o che sa ma per quello che è. Una cultura intesa come essere, come vita, come profondità, come saggezza umano-divina. Una scuola di questo tipo non è facile realizzarla in concreto perché è una scuola che deve nascere dalla vita, non dal pensarla o dal progettarla astrattamente. Quel che conta quindi non è tanto lamentarsi del passato, o credere che arriveremo noi all’ottimo. L’uomo è legato al futuro, e forse quello a cui noi aneliamo sarà vissuto più pienamente domani dagli altri. Ma dobbiamo cominciare a vivere noi quelle realtà, se vogliamo costruire veramente. Dobbiamo cominciare a realizzare in un’autentica comunione di vita questa nuova scuola, dove la formazione sia umana, piena, totale, che impegni tutto il nostro essere e che determini la nostra vita, là nostra esistenza per sempre. È soltanto dalla vita che viene la gioia, la pace, un tipo di conoscenza che i libri non possono dare. Questo lo capisce non colui che si stacca dall’essere, non chi si basa solo sulla cultura nozionistica o sulla ragione astratta, ma solo chi in realtà s’impegna e vive.