Una nuova idea di welfare
Dal convegno "Roma, città reciproca", l'impegno delle associazioni di volontariato ad offrire unite soluzioni originali alle varie forme di disagio.
«Sapete qual è la migliore scuola di integrazione per gli immigrati? È la strada! Dove il ragazzino del Bangladesh che non spiccica una parola d’italiano te lo ritrovi tra i piedi dopo un paio di mesi, svezzato tra una pizza e un kebap dalla gente di strada, romani compresi, con la maglia di Totti!». Ci voleva proprio questa provocazione che Augusto Battaglia, ex assessore alla Sanità regionale, si è permesso al termine della sua puntigliosa mappatura del disagio e dei nuovi “mali di Roma”. È suo il primo intervento al convegno del 19 giugno “Roma città reciproca”, idea uscita dal cilindro di quel prete di frontiera che è don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco. Un’idea che nasce dal desiderio di dare una risposta nuova ad un disagio che ha cambiato pelle. È infatti più nascosto, abita la notte e le periferie. È mentale oltre che fisico. Ha il colore della depressione e della fragilità quando tocca gli anziani, i malati, gli sfrattati, i soli. Si fa barriera quando morde nella disabilità. È il disagio che si crea per un fenomeno migratorio mal gestito e una multiculturalità ormai dato di fatto – i ragazzi delle scuole di Roma provengono da 191 Paesi del mondo – e che invece di essere vissuto come ricchezza produce scontro, paura, isolamento.
Ecco perciò la proposta che don Vinicio lancia alle realtà romane che hanno nel loro Dna un’anima sociale: «Giustissima la denuncia e il lavoro delle singole associazioni, ma forse è tempo di offrire alla politica idee e soluzioni originali e soprattutto di farlo insieme, uniti. Abbiamo esperienza, le nostre storie lo testimoniano. Possiamo inventarci una nuova idea di welfare». E fin dalla preparazione si è davvero respirata una atmosfera di profonda reciprocità. Ognuno ha tirato fuori le sue perle – commoventi storie di amicizia e di condivisione con gli ultimi, accoglienza di rifugiati, battaglie di ogni tipo – radicate nella vita del Vangelo e accolte dagli altri come un regalo. Poi sono arrivate piste, idee e proposte.
Ma è questo timbro di comunione la cifra più vera alla radice di “Roma città reciproca”, una sorta di nuovo originale coro declinato al plurale, ma profondamente intonato e perciò autorevole. Ed è questa l’autorevolezza che i politici presenti – Sveva Belviso per il Comune di Roma, e Luciano Ciocchetti della Regione Lazio – colgono, che nasce dalla determinazione di ciascun intervento e da questa unità. E se si parla chiaro – i tagli allo stato sociale bruciano e ricadono sui più deboli a cui si deve dare voce – è grande l’aspetto propositivo che esce da quel grande “ammortizzatore sociale vivente” che è il volontariato – 100 mila persone solo a Roma!
A settembre si ripartirà con «una proposta condivisa alla città». Così si chiude il primo promettente atto di Roma città reciproca.