Una madre cristiana

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Basta pensare a Speranza per sapere cos’è la giustizia fino allo scrupolo; il distacco da ogni cosa che pur amava; l’apprezzamento delle cose veramente belle, buone e sante. Quando penso alla vostra bella mamma so cos’è la nobiltà vera. L’amore verso tutti: gente della sua classe, donnette e bambini… Affetto per i figli, amore vero, concreto senza sentimentalismo. Amante della cultura dalla quale sapeva trarre ciò che è universale. Generosa fino ad arrivare ad una povertà francescana, senza chiasso, giorno per giorno . È questo il ritratto che Chiara Lubich dipinge di Speranza Folonari in una lettera indirizzata ai suoi figli il 17 ottobre 1973 in occasione della morte, e riportata nella biografia di Igino Giordani, Speranza Folonari, una madre cristiana, scritta nel 1974 e oggi per la prima volta pubblicata da Città Nuova in un’edizione curata da Franca Zappa Monico. Ma chi era Speranza? Speranza Devoto nasce a Genova il 2 maggio 1899 in una famiglia colta, operosa e di profonda fede cristiana: il padre è Luigi Devoto, medico, fondatore della prima Clinica del Lavoro al mondo, eletto senatore nel 1934 per i meriti scientifici che gli diedero fama internazionale, impegnato in numerose opere di assistenza sociale. Dai genitori Speranza riceve un’educazione fondata su una solida fede religiosa e fecondata da una moralità diritta. Studia filosofia all’Università cattolica di Milano; impara l’inglese, il francese e il tedesco; ama l’arte; suona il pianoforte. Indecisa in un primo momento se consacrarsi a Dio o sposarsi, sceglie, sull’esempio di santa Cecilia, morta martire con lo sposo, il matrimonio come via eroica alla santità. Nel 1925 sposa un giovane imprenditore, Luigi Folonari, proprietario di una nota azienda di vini, e si trasferisce a Brescia. Qui, l’anno seguente nasce Giulia e poi, Lisa, Francesco, Vincenzo, Marco, Camilla, Paolo e Bruna. Le giornate di Speranza trascorrono tra la cura della casa, le numerose opere benefiche – istituisce, tra l’altro, una Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli in diverse parrocchie di Brescia e della provincia -, la messa quotidiana, l’impegno nell’azienda di famiglia. Ma soprattutto si dedica con amore e saggezza pedagogica all’educazione dei figli: In ognuno di loro vedeva infatti – racconta Giordani nella biografia – non solo un corpo da sviluppare, un’in-telligenza da istruire, un lavoratore da formare, ma anche, e prima di tutto, un’anima da lanciare verso l’Infinito. Noi tutti otto fratelli – afferma la figlia Lisa – abbiamo ricevuto un’educazione particolare già per quei tempi, che alla lunga però ha rivelato risultati positivi. La mamma ci parlava spesso dello spirito di sacrificio che doveva essere allenato fin da piccoli, del non pretendere mai niente dagli altri, del sapere accettare qualsiasi croce senza fare tragedie, perché tutto era volontà di Dio. Nel 1952 muore, dopo una lunga malattia, Luigi Folonari. La moglie Speranza accetta la morte del marito come volontà di Dio, pur dolorosissima, che si traduce per lei in una rinnovata dedizione alla crescita dei figli e l’assunzione della presidenza dell’impresa di famiglia. Sono gli anni in cui si andava diffondendo in Italia, attraverso il Movimento dei focolari, una nuova spiritualità. Per quattro dei suoi figli – prima Giulia, poi Vincenzo, Camilla e infine Bruna – l’incontro con questa spiritualità è un’autentica folgorazione cui segue una totalitaria consacrazione a Dio con l’ingresso in focolare. Per Speranza è un’ulteriore, dolorosa separazione, ma ancora una volta, e per quattro volte, pronuncia il suo sì. Lei stessa si apre a questa esperienza, di cui aveva colto la modernità ideale e la radicalità di vita religiosa, mettendosi al servizio instancabile e gioioso del focolare di Brescia e poi di Milano. Ma un nuovo, grande dolore lacera il suo cuore. Il figlio Vincenzo, per la sua vocazione conosciuto con il nome di Eletto, muore il 12 luglio 1964 nuotando nel lago di Bracciano, colto da un improvviso malore. In una lettera a Chiara Lubich, Speranza racconta il dramma di quei giorni vissuto con fede eroica: Sento il bisogno di ringraziarLa per tutto quanto ha fatto per me, per noi, in questi tristi giorni! Dico tristi perché il cuore sanguina, anche se sa che Dio è amore: amore verso il Suo diletto, che si è preso senza farlo soffrire; amore verso di me, che non l’ho visto soffrire. Nel 1969 una trombosi le paralizza la parte sinistra del corpo e la immobilizza a letto. È l’inizio di una nuova fase della sua vita: Forse mi mancava davvero l’esperienza della malattia, la malattia lunga, che fa star male anche nell’anima, che logora fisico e spirito… cerco sempre di convincermi che il dolore è un dono del Signore, perché Lui mi vuole bene. Una fase in cui continua a seguire la vita del movimento dando il suo personale contributo ad essa con preghiere, offerte e sacrifici, fino alla morte avvenuta il 16 ottobre 1973. Una vita cristiana autentica. Un esempio grande per tutti – come conclude la sua biografia Giordani -, ma specialmente per le madri di famiglia alle quali insegna a fare della casa una Chiesa.

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