Una luce per l’Emilia Romagna
È forse l’unico luogo al mondo dove l’arte del vetro è raccontata fin dalle sue origini: dagli esempi di vetri romani tra il I e il III secolo d.C. alle creazioni del Rinascimento, fino ai virtuosismi innovativi del Settecento che anticipano l’insperata rinascita del vetro alla fine del XIX secolo e le sperimentazioni del Novecento. Certamente è l’unico museo dedicato al vetro artistico inserito in un contesto produttivo ancora fortemente attivo e radicato, grazie alle tante fornaci e vetrerie tutt’oggi operanti.
Parlo del Museo del Vetro di Murano, riaperto, ampliato e completamente rinnovato dal 9 febbraio 2015. Il visitatore che approda oggi nell’isola lagunare s’aggira come Alice nel paese delle meraviglie nella sede storica di Palazzo Giustinian, incantato da una materia sfuggente e imprevedibile che grazie all’abilità consumata dei maestri vetrai è lì a sorprenderlo con prodigi di bellezza.
Al nuovo allestimento, ideato per lasciar cogliere gli snodi chiave dell’avventura del vetro a Murano e godere appieno dei capolavori – in molti casi unici – qui custoditi, s’aggiungono nuovi spazi espositivi destinati a ospitare, al piano terra, eventi temporanei e mostre. Come quella attualmente in corso fino al 28 febbraio, Una luce per l’Emilia Romagna, focalizzata sui bellissimi lampadari del comune ferrarese di Sant’Agostino danneggiati dal terremoto del 2012 e restaurati dal Consorzio Promovetro Murano.
L’esposizione, a cura del Teatro La Fenice per quanto riguarda l’allestimento, ha come fulcro l’imponente lampadario in cristallo-ambra oro di quasi cinque metri di altezza per quattro piani, e con una circonferenza di circa tre metri, realizzato alla metà degli anni Venti del Novecento, il cui stile ricalca la grande tradizione veneziana del Settecento di lampadari monumentali. Inizialmente pensato per illuminare un salone del Castello Estense di Ferrara, questo enorme manufatto fu trasferito, alla fine del 1933, nella grande sala del palazzo comunale di Sant’Agostino, spesso utilizzata, da metà dell’Ottocento fino al secondo dopoguerra, come salone delle feste. Accanto ad esso sono esposti altri tre lampadari di dimensioni più ridotte, che si trovavano nello stesso ambiente. Un quarto è andato purtroppo distrutto dalla violenza del sisma, che ha squarciato una parete laterale dell’edificio, successivamente demolito.
Il salvataggio dei preziosi manufatti è stato possibile inserendo attraverso quello stesso squarcio un braccio telescopico dotato di pinze telecomandate che li hanno staccati dal soffitto. È seguito, sotto una pioggia incessante, lo smontaggio con la messa in sicurezza di tutti i loro elementi. Dopo un primo ricovero presso il palazzo ducale di Sassuolo, i lampadari sono stati portati a Murano, dove le aziende del Consorzio si sono attivate per la loro rinascita in un lungo e impegnativo lavoro di squadra.
L’Italia è ricchissima non solo di capolavori: lo è anche di opere cosiddette “minori”, poco note al grande pubblico, ma tutt’altro che trascurabili sia sotto l’aspetto storico che artistico. È il caso dei recuperati lampadari di Sant’Agostino. Anch’essi, insieme alle collezioni presenti nel Museo muranese, dicono una ricerca di bellezza da parte dell’uomo che il supporto del vetro, materiale così fragile e al tempo stesso capace di sfidare i secoli e i millenni, rende ancora più preziosa.