Una legge senza democrazia
Non è stata scritta una bella pagina della vita della nostra democrazia. Tra canguri, super canguri e questioni di fiducia è mancato quasi del tutto il confronto su una questione come quella riguardante le unioni civili che avrebbe dovuto suggerire al Governo, che ha proposto il maxi emendamento sul quale ha poi chiesto la fiducia, e al nostro Parlamento un dibattito sereno nel corso del quale ciascuno avrebbe potuto dare voce alla propria sensibilità e alla propria proposta.
Spesso il far presto mal si concilia con il far bene.
Rimangono anche dopo il passaggio al Senato e la eliminazione dell’art. 5 del DDL Cirinà, che prevedeva l’adozione del figlio del compagno/a, le perplessità legate a una impropria equiparazione tra unioni civili, omosessuali o eterosessuali che siano, e il matrimonio.
Personalmente vorrei continuare a chiamare le cose con il loro nome e quindi chiamare il tavolo, tavolo e la sedia, sedia.
Ritengo che ormai i tempi fossero maturi per una regolamentazione giuridica delle unioni civili ma mi sono parse sopra le righe le accentuazioni dei toni volute da taluni anche perché la questione riguarda una componente sociale non particolarmente numerosa.
Restano insolute questioni che riguardano un gran numero di cittadini, quelli che hanno scelto di contrarre matrimonio e che vedono le loro legittime istanze continuamente disattese.
La riduzione delle tasse in proporzione ai carichi familiari, ad esempio, è una questione non solo irrisolta ma neppure affrontata. Eppure anche l’attuale legislazione fiscale appare in palese contrasto con il principio della progressività della tassazione.
A questo punto, perché non si debba parlare di figli e figliastri il nostro Governo dovrebbe cominciare a occuparsi, con impegno pari a quello messo in campo in tema di unioni civili, dei diritti delle nostre famiglie comunque principali soggetti di coesione sociale.
Vedi anche.
Daniela Notarfonso. Molte domande irrisolte