Una Gmg per Giovanni Paolo II

Al Circo Massimo giovani e adulti in preghiera: un colloquio con il Papa che li ha accompagnati nei momenti salienti della vita. Sul palco i testimoni dei momenti pubblici e privati
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Brillano nella notte di Roma le 200 mila candele del Circo Massimo, illuminano i volti della preghiera, della gratitudine, del ricordo. Qualcuna magari incendia il cartone che la sorregge, ma non distrae dalla solennità di questa veglia, dal colloquio intimo con Dio e con Giovanni Paolo II a cui queste ore sono dedicate, in vista della beatificazione. Li ha chiamati ancora una volta attorno a lui, il papa dei giovani, che ora magari non sono proprio giovanissimi, ma con lui hanno vissuto momenti fondamentali della loro vita. «Ho vissuto con lui tre Gmg – racconta Paula da Madrid – non potevo non esserci. Le sue parole sono ancora una grande emozione e un grande aiuto».

 

C’è anche chi si è trovato lì per una mail spedita erroneamente dalla sorella. Gabriele 22 anni arriva da Rimini e per errore ha ricevuto la richiesta di lavorare come volontario alla beatificazione: ha accettato anche se i suoi amici e persino sua sorella sono rimasti a casa. Elisa dal Messico è colpita dal fatto che «un essere umano sia riuscito a mobilitare così tanta gente». Chiara di Treviso, invece, ha scelto proprio di esserci: è impegnata nella pastorale universitaria e non la spaventa il turno no stop 17 -14 che l’attenderà per questi due giorni. 

 

Sulla spianata erbosa intanto si radunano bandiere da tutto il mondo: Polonia, Brasile, Messico, Francia e tante altre. Impossibile enumerarle tutte. Ma chi le sventola o vi si avvolge per proteggersi dalle gocce di pioggia intermittenti è lì per il suo popolo, per la sua gente che questo papa ha amato, consolato e spronato nei suoi numerosissimi viaggi. E ora loro sono lì a restituire questo debito di amore e di gratitudine, intonando magari gli inni delle Gmg che li hanno visti al suo fianco o raccogliendosi nella preghiera del Rosario, recitata in tante lingue in collegamento con cinque santuari mariani nel mondo: Portogallo, Messico, Tanzania, Polonia, Libano.

 

Giovanni Paolo II che a Maria aveva affidato il suo ministero con quel Totus tuus, ha innovato questa devozione popolare, introducendo cinque nuovi misteri, quelli della luce, quella luce che lui ha provato a servire e verso cui ha voluto spingere tanti e che ieri sera brillava su tanti volti e si articolava sulle labbra di tutti i presenti.

 

Sul palco invece sono stati i testimoni a raccontare della vita pubblica e privata di «un papa polacco che è diventato presto papa di tutti», come ricorda il suo segretario personale il cardinale Stanislao Dziwisz. Ci sono i momenti privati di preghiera nella sua testimonianza, ma anche quelli pubblici, quelli che hanno visto un papa persino «arrabbiato: ad Agrigento per la mafia e prima della guerra in Iraq, perché la guerra non risolve niente». Trapela persino il momento intimo della morte del papa, quando Dziwisz e gli altri prelati presenti cominciarono a recitare piuttosto che la preghiera dei defunti «il Te deum» in ringraziamento.

 

Tanti applausi sottolineano la partecipazione e provano a smorzare la commozione palese, in un’arena diventata quasi una navata. La stessa commozione, sin dalle prime battute, afferra Joaquin Navarro-Valls, portavoce del papa per più di vent’anni. Da giornalista curioso si era trovato a domandare al papa il perché dei tanti foglietti aperti e letti durante la preghiera: erano le lettere e le richieste che arrivavano a lui da tutti il mondo e che lui riconsegnava a Dio, il solo che poteva rispondere. Nelle sue parole ci sono pagine della storia del ‘900 che questo papa ha contribuito a scrivere come pochi altri: gli incontri con gli ebrei, il viaggio a Cuba, il crollo del muro.

 

Chi con lui ne è stato testimone ribadisce con forza il valore di «aver visto e udito», espressioni ricorrenti nella storia della chiesa, che trasferite nella laica quotidianità diventano un vademecum, che purtroppo viene sfogliato e ricordato distrattamente, se ancora oggi ci troviamo di fronte a guerre e morti ingiuste.

 

Eppure i miracoli possono accadere come prova la storia di suor Marie Simon-Pierre, guarita dal Parkinson, per intercessione del papa: miracolo che sta alla base della beatificazione odierna. Intanto mentre si susseguono i canti e l’inno ufficiale del nuovo beato, scritto da Marco Frisina, molti si preparano a trascorrere la notte sul prato. Altri invece si avviano già a piazza san Pietro. I giovani assieme a qualche adulto, che prova a smorzare la fatica del cammino, iniziano il pellegrinaggio tra le otto chiese romane che tutta la notte accoglieranno i fedeli. A san Marco in piazza Venezia sono i giovani del movimento dei focolari a consegnare ai presenti frammenti di testimonianze su Giovanni Paolo II, accompagnate da preghiere e canti, mentre a piazza Navona sono i membri del Rinnovamento nello Spirito a proseguire la veglia con riflessioni e inni.

 

Insomma una piccola Gmg commenta Franco, i cui capelli grigi testimoniano una lunga confidenza con queste manifestazioni. E Cristina di Positano precisa «Questi incontri non sono solo emozione e festa. Beh, ci divertiamo davvero. Ma se devo dire cosa mi ha lasciato Giovanni Paolo II dico: Cristo. Le sue parole ci hanno fatto scoprire Dio».

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