Una fiaccolata della memoria
Nel grande concerto d’iniziative a ricordo della strage di Capaci il 23 maggio 1992, si inserisce anche la “nota” dei Castelli Romani, dove Rocca di Papa autorità e cittadini insieme hanno affermato il valore della legalità. Molti i giovani e i bambini presenti.
Ritrovatisi nella piazza centrale della cittadina laziale, hanno voluto percorrere una ripida salita verso il sagrato del Duomo. Il sindaco Pasquale Boccia, aprendo la cerimonia vedeva questo piccola marcia come una metafora dove la salita, anche stretta «rappresenta il faticoso cammino della legalità e della giustizia che, comunque è sempre fruttuosa». Aprono il corteo i bambini impegnati a tenere ben teso lo striscione con la scritta:” Sì alla legalità. No alla violenza.” Quasi a rappresentare il presente e il futuro insieme, a dare speranza che la cultura della legalità diventa cultura comune.
Speranza sicuramente coltivata da Falcone e Borsellino che non hanno risparmiato a spendere in tutto e per tutto la loro vita con un impegno fattivo, che guardava lontano, certi che la gente avrebbe capito che la mafia era un mostro da combattere.
Il breve momento di riflessione è stato aperto da un giovane che ai tempi di Capaci e via D’Amelio aveva 6 anni, ma ora giovanissimo consigliere comunale, Luca Santangeli, sente la responsabilità di «guardare a degli eroi che non avrebbero voluto esserlo, come costruttori di una democrazia il più compiuta possibile». A seguire Irene 15 anni, che a nome dei Ragazzi per l’Unità, legge un appello dei suoi amici di Palermo sull’impegno nel vivere la “regola d’oro” come fondamento di pace, giustizia, legalità, vita, ecc. Poi la testimonianza del Presidente aggiunto onorario della Corte di Cassazione, Giovanni Caso, che ha posto l’accento sulla funzione profetica e basilare delle nuove generazioni per sconfiggere i gangli della criminalità organizzata, concludendo con la lettura delle parole del Presidente Napolitano a Palermo durante la cerimonia ufficiale per i 20 anni della strage di Capaci.
Come ultima testimonianza un consigliere della provincia di Roma, Onorati, che ha posto l’accento sulla grande mobilitazione di coscienze che ha fatto compiere la morte di Falcone e Borsellino «facendo scrollare di dosso la rassegnazione, ormai consci che nessuno era al sicuro perchè la mafia per mettere in atto i suoi piani non guardava in faccia a nessuno. Ma forse nel gesto di dare la loro vita, i due magistrati, non avrebbero immaginato che dovunque, anche in una piazza dei Castelli Romani, c’erano cittadini coscienti della loro testimonianza».