Una festa per ringraziare
Migliaia di musulmani nel nostro Paese hanno festeggiato la fine del mese di Ramadan. Un momento di preghiera e di incontro, come ci spiega Adnane Mokrani
Festa in tutto il mondo arabo il 30 e 31 agosto: l’Eid al Fitr, i festeggiamenti per la fine del mese di digiuno del Ramadan, unisce circa un miliardo e mezzo di fedeli sparsi per il globo. Una festa per «ringraziare Dio, che ci ha aiutati a compiere questo percorso spirituale – ci spiega Adnane Mokrani, tunisino, docente di Studi Islamici all’Università Gregoriana – e incontrarsi con gli altri fedeli, amici e familiari». Tutte le feste musulmane, infatti, «cadono dopo uno dei “pilastri”, ossia dei precetti religiosi dell’islam: la prossima sarà la Festa del sacrificio, dopo il pellegrinaggio alla Mecca. Per questo sono prima di tutto un ringraziamento a Dio dopo aver compiuto una di queste prescrizioni».
Anche in Italia, dove si stima vivano circa un milione di fedeli, la fine del mese di digiuno è stata accolta come da tradizione, nonostante gli ostacoli posti dal fatto che nel nostro Paese non si tratta di un giorno festivo: «A Roma – prosegue Mokrani – abbiamo fatto tre preghiere in moschea, alle 8.30, alle 9.30 e alle 10.30: molti sono venuti alla prima per poi andare al lavoro, o hanno chiesto qualche ora di permesso». Anche i non praticanti, infatti, sentono questo giorno come «un’occasione di gioia, di scambio, non solo di fede: c’è una forte dimensione sociale». La preghiera, infatti, è stata seguita da un festoso mercato al di fuori della moschea, diventato luogo di incontro e conoscenza tra musulmani che provengono magari da Paesi molto diversi tra loro. Certo, nonostante i segni di apertura e di accoglienza come l’augurio rivolto da Napolitano e la partecipazione di alcuni sindaci – tra cui quello di Roma Alemanno – c’è anche stato qualche episodio spiacevole: a Rho alcuni cittadini hanno chiamato la polizia per far spegnere gli altoparlanti del centro di preghiera ancor prima che questa iniziasse. Anche a Roma «si è creato qualche disagio – ammette Mokrani – per il traffico e il caos nel quartiere della moschea. Ai cittadini chiediamo comprensione e pazienza, e alle autorità pubbliche di pensare in anticipo a come gestire queste situazioni: del resto, già lo si fa in altre occasioni».
Certo, dal punto di vista italiano, val bene la pena di festeggiare la fine di un mese senza cibo né acqua durante le ore di luce: specie se, come quest’anno, cade in piena estate. «Preferisco comunque fare il digiuno durante le ferie – osserva Mokrani – perché sono più libero e riposato, e magari posso tornare anche nel mio Paese d’origine». Tranquillità che aiuta anche a riflettere sui due significati principali del Ramadan: «Innanzitutto, la solidarietà con chi soffre la fame e la sete, provandole in prima persona: penso soprattutto al Corno d’Africa. In secondo luogo è una scuola per educare la volontà. Troppo spesso siamo schiavi delle nostre abitudini: il Ramadan ci insegna che è possibile andare oltre, cambiarle e gestirle». Si tratta, quindi, «del mese per eccellenza da dedicare alla famiglia, alla preghiera, alla lettura del Corano: lo definirei un ritiro annuale comunitario». “Condito”, se così si può dire, dei ricordi d’infanzia: «Questa è la festa dei bambini, che ricevono doni come a Natale. Per questo mi ha segnato particolarmente».