Una fecondità inattesa

Rossana e Emanuele, la loro storia, le loro differenze, i valori condivisi, la ricerca di un figlio: quale è il senso della vita di coppia?

Forse, sarà per i suoi capelli lunghi e rossi, o per quel suo agire pronto e deciso, fatto sta che Rossana mi fa pensare ad un vulcano. Dal canto suo, Emanuele, con quel suo volto largo e rassicurante, quell’agire calmo e misurato, mi ricorda un porto.

«Siamo sposati da trentadue anni», racconta per prima Rossana, rivelando un bell’accento milanese «lavoravamo nella stessa azienda ma in edifici diversi, così la nostra amicizia è nata al telefono. Era il 1983. Un nostro collega che ci conosceva e ci sapeva “soli” continuava a ripeterci che secondo lui dovevamo sposarci perché eravamo fatti l’uno per l’altra!».

È Rossana ad agire per prima, proprio durante una delle loro consuete telefonate di lavoro: «Un giorno, prima di metter giù la cornetta, mi sono fatta coraggio e ho detto ad Emanuele: “Visto che dobbiamo sposarci, almeno conosciamoci. Questa sera uscirò con un gruppo di amici se vuoi venire”». Emanuele accetta la proposta al volo, e da quel momento, malgrado le tante diversità, non si sono più lasciati.

«Io riflessivo e cauto, lei sempre in movimento, con ideologie politiche all’opposto. Io che sin da giovane avevo dovuto contribuire al mantenimento della famiglia, lei che era figlia unica di una famiglia senza problemi economici» Emanuele elenca così le loro differenze «a poco a poco, scoprii anche che lei era credente, e siccome io ero ateo, pensavo che, molto probabilmente, la nostra storia sarebbe finita presto. Invece…».

Invece, semplificando, bastò sostituire la parola “Dio” con la parola “Amore”. «Quello fu l’ultimo suggerimento di Rossana durante una discussione in cui le avevo confidato che mi dava fastidio anche sentire solo pronunciare la parola “Dio” – mi spiega Emanuele –, la sua proposta mi impressionò molto e le chiesi di darmi il Vangelo. Decisi di leggerlo in una volta sola, ma non ci capii molto».

A quel punto, Rossana gli propone di provare a viverlo, piuttosto che leggerlo, cominciando con una frase per volta. «Decisi di provare – confida Emanuele –. Mi accorgevo che lentamente gli ideali di uguaglianza e fratellanza universale derivanti dalle mie convinzioni comuniste, coincidevano perfettamente con gli ideali cristiani. Approfondendo la lettura del Vangelo e cercando di applicarlo alla vita di tutti i giorni, scoprii il potere rivoluzionario dell’insegnamento di Gesù, che portava a migliorare l’uomo con la rivoluzione del cuore e non con l’imposizione forzata di un modello di vita, pur concettualmente giusto».

Così, nel quotidiano di Emanuele cominciano a trovare senso e applicazione frasi come “Ama il tuo nemico” o “Se un tuo fratello ha qualcosa contro di te, prima di portare i tuoi doni all’altare, vai a riconciliarti con lui e poi torna a portare i tuoi doni”. «Ma al di là delle nostre diversità – precisa Rossana –, vivevamo un profondo rispetto l’uno dell’altra e condividevamo valori quali la famiglia, la fedeltà, l’onestà. Mano a mano, scoprivamo che il nostro essere diversi era arricchente e ci permetteva di scoprire nel confronto nuovi punti di vista. Così, abbiamo capito che poteva nascere un progetto comune di famiglia».

Per Rossana, questo significava imprescindibilmente anche tanti bambini, perché da figlia unica, aveva sofferto molto la mancanza di un fratello o di una sorella: «Dopo un anno e mezzo di matrimonio, abbiamo scoperto di aspettare un bimbo. Ma la nostra felicità fu rotta al quarto mese di gravidanza, quando perdemmo nostro figlio». Un dolore sordo, senza risposta che rimaneva sospeso sopra di loro come un “Perché?” rivolto a Dio.

«Per fede, abbiamo continuato a credere al Suo amore per noi. Non che così la sofferenza sia passata, malgrado gli anni, porto ancora la cicatrice» mi confida Rossana con la voce incrinata. A quel punto, i due sposi si sottopongono alla trafila degli esami di routine per verificare la loro fertilità: malgrado non ci siano problemi fisici d’ostacolo a nuove gravidanze, il figlio tanto atteso non arriva. «Abbiamo tentato anche con la strada dell’adozione, ma ogni tentativo di allargare la famiglia falliva nonostante l’ottenimento dell’idoneità» spiega Emanuele.

Poi, un giorno, durante un colloquio con un sacerdote, Rossana e Emanuele si sentono rivolgere una domanda: «Per voi, avere un bambino è l’unica cosa che potrebbe dare senso alla vostra vita di coppia?». È il punto di svolta nella loro storia.

«Con il tempo, abbiamo capito che i figli sono un dono di Dio e che una coppia è feconda quando è capace di generare amore – racconta Emanuele –, l’amore che doniamo ci rende genitori di tanti. Più ci apriamo agli altri e più ci accorgiamo di diventare generativi».

«Per noi ha significato metterci al servizio di coppie di fidanzati, famiglie in difficoltà, e non ultimo di separati – spiega Rossana –, abbiamo aperto la nostra casa pronti ad accogliere e ad accompagnare. La condivisione del dolore, di difficoltà pratiche del quotidiano ma anche vivere semplicemente momenti di “normalità” in un clima di famiglia hanno fatto nascere rapporti profondi che si mantengono nel tempo e danno concretezza al nostro amore, riempiendoci il cuore di gioia».

 

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