Una costellazione di generazioni

A Castel Gandolfo l'evento sul rapporto di Chiara Lubich con i giovani, ne raccoglie una miriade dal Vietnam agli Stati Uniti, musulmani e non credenti, testimoni della prima ora e ultimi nati. Tutti scommettono con lei sulla fraternità
4° anniversario Chiara

Giovani di oggi, ma anche di ieri e di domani: le generazioni che compongono il movimento dei Focolari sono diverse e così l'11 marzo a Castel Gandolfo, al pomeriggio dedicato a Chiara e le nuove generazioni nel quarto anniversario della scomparsa di Chiara Lubich, erano presenti persone di tutte le età. Sono i testimoni degli inizi di questo feeling unico che la fondatrice dei Focolari aveva  intessuto con una generazione che respirava la contestazione del ’68 e la musica beat e che non aveva esitato nel seguirla sulla strada di un’altra rivoluzione: quella evangelica. Accanto alle compagne della prima ora ci sono gli ultimi arrivati, quelli che magari non l’hanno mai conosciuta ma che di quel progetto di fraternità universale proposto dal suo carisma si sono fatti realizzatori e operai in tante parti del mondo: dal Vietnam all’Argentina, dagli Usa all’Ungheria. Proprio qui dal 31 agosto al 2 settembre si svolgerà il Genfest, il meeting mondiale di questi giovani.
 
Un messaggio dal potenziale rivoluzionario quello proposto a queste generazioni che nel pomeriggio si è  articolato in sei quadri: il primo è stato dedicato al tema del cambiamento, tratto distintivo di questi ultimi ieri come oggi. Da Valerio Ciprì che ha espresso la voglia di nuovo insita nella contestazione degli anni Sessanta nel gruppo musicale del Gen Rosso, ad Antonios dell'Egitto che vede oggi nel suo Paese una rivoluzione in corso, in tanti hanno detto il loro grazie a Chiara per aver proposto una rivoluzione che – per dirla con Sally, del Perù – apre «un orizzonte nuovo di libertà e giustizia». Un fronte che hanno percorso fin da giovani Pasquale Ferrara, oggi diplomatico impegnato in vari progetti di pace e Joao Braz de Avis, da qualche settimana cardinale e chiamato a Roma come prefetto per la congregazione dei religiosi da Brasilia, dove il carisma della Lubich ha saputo incontrare con profezia e concretezza la diseguaglianza sociale dando vita all’Economia di comunione un percorso economico che è diventato un modello per aziende e governi sempre più interessate a diffonderlo e promuoverlo.
 
Libertà e giustizia si concretizzano in una concezione diversa dei beni materiali e non, che, come ha ricordato Chiara stessa in uno dei numerosi video proiettati – tutti molto attuali, indipendentemente dalla data in cui sono stati registrati – «non si muovono da soli»:particolarmente forte è stata la testimonianza dei giovani di Sestri Levante, tra i primi a correre in aiuto delle zone della loro regione colpite dall'alluvione. Ma il dare il proprio tempo e i propri averi non è l'unico modo «suscitare il paradiso terrestre» -come Chiara spronava a fare nel ‘70: lo studio, il lavoro e la cittadinanza attiva sono ambiti privilegiati per farlo anche oggi. Lo hanno dimostrato Giuseppe Milan, che ha dato un'impronta “comunitaria” ad alcuni corsi del dipartimento di Scienze dell'educazione dell'università di Padova, di cui è direttore; Emanuele Pili, studente dell'Istituto Universitario Sophia che ha instaurato una sinergia interessante con la sua università di provenienza a Genova per consentire a più allievi di partecipare a quest’esperienza di studio interdisciplinare ispirata nelle discipline e nella prassi di apprendimento dal carisma dell’unità. Patience Molle, ingegnere, prima donna ad avere l'incarico di direttore al ministero dei Lavori pubblici in Camerun nella sua azione amministrativa ha agito nella legalità per restare fedele ai valori appresi da giovane attraverso il Focolare; e lo stesso Maria Chiara Campodoni, che a trent’anni si ritrova assessore allo sport del comune di Faenza.
 
Un'altra “pietra miliare” dell’eredità di Chiara è il grande valore dato al dolore: non un capolinea, ma un punto di partenza per altre mete. Lo ha espresso in maniera toccante Beppe Porqueddu, rimasto su una sedia a rotelle dopo un incidente in moto, a diciotto anni, che ha scoperto nella disabilità una «prospettiva per guardare l'umanità nel suo intimo», e una «scintilla di trasformazione sociale» in un mondo che sembra rifiutare il limite e la malattia. A parlare per lui è ancor di più il suo lavoro: tecnologo della riabilitazione e docente per operatori della riabilitazione, per portare da diversamente abile un contributo prezioso alla società intera.
 
Per quanto radicato nella visione di Dio come amore – anzi, proprio in virtù di questo radicamento – il messaggio di Chiara non è però rivolto solo ai cristiani: si sono succeduti sul palco anche Habib, giovane musulmano; Metta, buddhista, che ha osservato come questo la aiuti «ad avvicinarsi alla verità» e come il “che tutti siano uno” «si realizzi anche attraverso di me»; e Andrea, «non credente, più che ateo»,  che ha sottolineato l'accoglienza e il rispetto trovati.
 
Chiude  il pomeriggio l'intervento della presidente dei Focolari, Maria Voce: che ha evidenziato come «non abbiamo ricordato né celebrato, ma vissuto», e come Chiara consegni di nuovo «qui ed ora» il suo messaggio ai giovani. Giovani che sono chiamati a coglierlo ed impegnarsi in prima persona: «Lo dobbiamo al carisma e all'umanità».

 

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