Una comunità dice no al pizzo
Esiste il racket a Pomigliano d’Arco? In base alle denunce questa cittadina del napoletano è un’isola felice: dall’inizio dell’anno c’è stata una sola estorsione. La realtà è ben diversa, ma viene taciuta. Colpa della cultura del “meglio pagare in silenzio”, denunciata nel corso del convegno “Amo la nostra città” organizzato dall’associazione antiracket “Pomigliano per la legalità, Domenico Noviello” e dalla comunità parrocchiale di San Felice in collaborazione con la rivista Città nuova.
I lavori sono stati aperti dal parroco don Peppino Gambardella che, denunciando «il velenoso verme della violenza che inquina la città», ha auspicato la costruzione di una società aperta ai valori e alla solidarietà.
Partendo dall’esperienza di Salvatore Cantone, imprenditore che ha fatto arrestare i suoi estorsori, il convegno è stato un appassionante viaggio nella storia di Pomigliano. Il compito di delineare il passaggio da paesino agricolo a città delle industrie e dei cassintegrati è stato affidato a Pasquale La Montagna. Della situazione economica e sociale ha invece parlato Luigia Sodano che, con una ricerca realizzata assieme a Luigi Antignani, ha illustrato gli effetti devastanti della crisi attuale, con i poveri in continuo aumento che diventano spesso manovalanza per la malavita organizzata.
«Il nostro obiettivo – spiega Cantone – è offrire a chi è in difficoltà la possibilità di sottrarsi al giogo dei poteri criminali». Come? Con l’aiuto di una comunità solida e matura, denunciando le illegalità e sostenendo chi rispetta la legge, magari «scegliendo per gli acquisti le imprese che dicono no al racket», come suggerisce don Peppino Gambardella. Grazie all’appoggio dell’associazione Noviello, nel casertano, territorio “controllato” dai Casalesi, altre persone hanno denunciato gli strozzini. A Pomigliano, invece, spiega Umberto Rigillo, dopo un’apposita formazione degli operatori, è sorto lo Sportello antiracket e antiusura. «È in atto qui una nuova primavera. Ora – ha affermato il caporedattore di Città nuova, Paolo Lòriga – è il momento di dire, con un impegno personale e comunitario, il proprio amore per la città». Parole di speranza che danno frutti. «Sono contenta e gratificata – ha commentato un’insegnante – di aver partecipato a quest’incontro. Ero scoraggiata, ma ora colgo l’invito ad andare avanti con convinzione».