Una comunicazione sinodale al servizio della comunità
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«Mi piace la parola africana ubuntu – “io sono perché noi siamo” –. È un antidoto a molti dei nostri problemi di oggi. Il dolore di uno è il dolore di tutti». Lo ha detto la giornalista filippina premio Nobel per la Pace Maria Ressa, al Giubileo dei comunicatori, chiedendo ai professionisti di questo settore di «collaborare, collaborare, collaborare» per costruire e rafforzare la fiducia delle persone e sanare le fratture e le contrapposizioni sociali.
Questo è stato anche il senso del webinar laboratorio dal titolo ComuncAzione per costruire comunità che si è svolto online nei giorni scorsi, grazie alla collaborazione tra giornalisti, professionisti ed esperti di comunicazione di diversi settori e Paesi. Un percorso promosso nel 2023 dalla rete internazionale NetOne, con appuntamenti mensili di incontro, conoscenza, condivisione, testimonianza e collaborazione. Si è trattato del secondo evento pubblico, dopo quello del 7 marzo 2024 dal titolo “Quale comunicazione per la sinodalità”, teso a concretizzare alcune delle indicazioni emerse dal Sinodo sulla sinodalità.
Promotori dell’evento, insieme a NetOne, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, il Dicastero per la Comunicazione, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Vatican Media, il Cammino sinodale della Chiesa in Italia, TV2000 e InBlu2000, SIR, l’Istituto Universitario Sophia, Weca (Associazione dei WebCattolici Italiani), il Gruppo editoriale Città Nuova e la Pontificia Università della Santa Croce.
Introdotto dall’attrice Stefania Bogo, che ha letto prima dei passaggi della Dilexit nos, lettera enciclica di papa Francesco sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo , e poi la meditazione di Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, L’attrattiva del tempo moderno, la diretta è stata moderata da Enrico Selleri, conduttore e autore di Tv 2000 e InBlu 2000, e Sara Fornaro, caporedattrice web della rivista Città Nuova.
Il titolo del webinar, ha commentato Alessandro Gisotti (vice direttore dei Media Vaticani) nel suo intervento, «è già una consegna, un’indicazione perché ci invita a farci protagonisti di una Comunicazione che è anche Azione. E che è Azione per costruire Comunità. Direi che queste tre parole Comunicazione, Azione e Comunità sono quasi un programma per noi comunicatori». In questo Anno Santo, ha aggiunto Gisotti, abbiamo bisogno di una comunicazione sinodale «che sappia mettersi in cammino con la gente che verrà. Per accompagnarla, senza la presunzione di volerla guidare. Ma disponibile ad ascoltarla, accompagnarla, a fare un tratto di strada insieme».
Il vice direttore dei Media Vaticani ha raccontato anche un aneddoto personale. «Era il febbraio del 2019 e con papa Francesco tornavamo da Abu Dhabi dove aveva firmato la Dichiarazione sulla Fratellanza Umana. Io ero il portavoce della Santa Sede e all’inizio della consueta conferenza stampa in aereo ho voluto sottolineare che avevamo vissuto davvero un evento storico. Il papa prese la parola e, correggendomi un po’, ci offrì con poche parole una delle più belle riflessioni proprio sul valore delle storie: “Penso che ogni viaggio è storico, e anche ogni nostra giornata è scrivere la storia di ogni giorno. Nessuna storia è piccola, nessuna. Ogni storia è grande e degna, e anche se è brutta, se la dignità è nascosta, sempre può emergere”. Ecco, la comunicazione di speranza e il cammino sinodale possono fare tanto perché queste storie emergano, ma perché ciò avvenga tocca a noi raccogliere la sfida».
Kim Daniels, docente della Georgetown University di Washington D.C. (USA), coordinatrice del Gruppo di studio 3 del Sinodo “La missione nell’ambiente digitale”, ha offerto l’esperienza di condivisione vissuta lo scorso autunno e il lavoro ancora in corso. «Dal Sinodo – ha spiegato – sono emersi diversi punti chiave. Innanzitutto i laici, le donne e altri tradizionalmente ai margini avevano un posto al tavolo e facevano parte del processo decisionale. In secondo luogo, l’appello di papa Francesco a “una Chiesa povera per i poveri” era al centro di questo lavoro per costruire una Chiesa più partecipativa e centrata sulla missione. Terzo, il documento finale compie passi concreti per costruire una cultura e una pratica di trasparenza, responsabilità e valutazione a tutti i livelli, rilevando che coloro che occupano posizioni di autorità hanno una maggiore responsabilità e sono chiamati a renderne conto a Dio e al suo popolo».
Forse, aggiunge la docente, «la cosa più sorprendente è stata che, in un mondo segnato dalla divisione e dall’odio, questa istituzione globale ha mostrato come superare insieme le differenze. Un gruppo eterogeneo di persone provenienti da tutto il mondo – con contesti, esperienze e prospettive diverse – riunite per ascoltare e imparare l’una dall’altra».
Il lavoro adesso continua con il Gruppo di Studio 3, sulla missione della Chiesa nell’ambiente digitale, formato per esaminare le opportunità e le sfide presentate da questo nuovo ambito. «Il nostro obiettivo – ha aggiunto Daniels – è offrire raccomandazioni attuabili al santo padre per il miglioramento della missione della Chiesa in questa cultura digitale, assicurando che essa rimanga saldamente radicata nella nostra chiamata a incontrare le persone ovunque si trovino, conducendole verso una comunione più profonda con Cristo e l’uno con l’altro».
Pál Tóth, docente dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, ha spiegato come «oggi la polarizzazione prende spesso la forma delle obiezioni di coscienza che si contrappongono alla coscienza altrui. E il nostro senso di responsabilità ci porta a sostenere valori ritenuti non negoziabili. Secondo alcuni autori siamo testimoni di una vera guerra di coscienze attorno ad argomenti come l’etica sessuale, l’immigrazione, il riscaldamento climatico e altro…». Per sanare le piaghe profonde del mondo globalizzato, ha spiegato il docente, c’è bisogno di «una collaborazione trasversale anche con quelli che hanno concezioni parzialmente diverse da noi. L’idea del consenso differenziato promuove un nuovo tipo di rapporto sociale: collaboriamo per la realizzazione di alcuni valori mentre rimaniamo su piattaforme diverse per altri».
La collaborazione sinodale è emersa anche dall’esperienza lavorativa di Muriel Fleury e Beatrice Binaghi, rispettivamente responsabile della Comunicazione e incaricata dei Social media presso il Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale. Richiamando l’appello ripetuto del papa a dar voce a chi non ce l’ha, Fleury ha ricordato che «parlare di chi viene sfruttato o emarginato dai processi dominanti significa “far esistere” queste persone. Senza queste voci controcorrente, tutto favorirebbe chi domina, perché tacere vuol dire finire per assecondare chi maltratta, chi schiavizza, chi spreme, chi vuole rendere invisibili tanti, troppi uomini e donne. Gli effetti del lavoro di tali comunicatori si vedono bene e fanno presa. Creano, infatti, un legame tra chi soffre e il resto del mondo, si costruisce o si ricostruisce un interesse, si genera un sussulto etico. Si sveglia il sentimento assopito di appartenenza alla stessa umanità, facendo vedere la prospettiva reale del cammino dell’umanità verso la fraternità universale».
Questa cultura della comunicazione, ha aggiunto Fleury, «è la premessa e il fondamento di una parola e di un’esperienza di grande importanza, quella della comunione, dove gli interessi condivisi si moltiplicano, fanno scuola, portano al senso di appartenenza a un “corpo” che ciascuno nutre e di cui si nutre, dove si rafforzano identità, motivazioni e ideali. Su questa base, ogni azione comunicativa sarà generativa per sé stessa, sarà capace di contribuire a creare comunità e senso di comunità».
Binaghi ha invece raccontato di una rete di collaborazione nata tra i “vescovi di frontiera” responsabili della pastorale migratoria di Colombia, Costa Rica e Panama, soprattutto per affrontare la situazione critica nel Darien, una selva di confine da cui ogni giorno passano centinaia di migranti. «Il confronto e la comunicazione hanno creato comunità, e il lavoro che prima era frammentato ora è più sinergico e incisivo».
Erica Tossani, della presidenza dell’Assemblea Sinodale della Chiesa italiana, ha spiegato che «comunicare è un atto di responsabilità e di fiducia. E ascoltare non è semplicemente un’azione passiva, un silenzio che attende di essere riempito dalle parole altrui: è un atteggiamento attivo che implica attenzione, discernimento e disponibilità a lasciarsi interpellare». Senza ascolto, ha aggiunto, «la comunicazione si riduce a polarizzazione e contrapposizione sterile. Senza ascolto, le parole diventano armi, strumenti di divisione, muri invece che ponti. Oggi assistiamo a un dibattito ideologizzato, dove ognuno parla essenzialmente per far prevalere la sua idea, per prevaricare gli altri. Riconoscere che l’altro ha qualcosa da dire che può arricchirmi, anche se non sono d’accordo con lui è il primo passo per superare la logica del “noi contro loro”, per riscoprire che il dialogo non è una battaglia, ma un processo di crescita reciproca».
A seguire l’incontro, centinaia di persone da tanti diversi Paesi del mondo: Sud Africa, Antille, Argentina, Nigeria, Albania, Brasile, Austria, Belgio, Spagna, India…
Nella seconda parte del webinar, ci sono state alcune testimonianze dei frutti che produce una sinodalità vissuta sul luogo di lavoro, con Paolo Balduzzi, inviato della trasmissione di Rai 1 A sua immagine, Mariella Matera, grafica creativa e blogger con il nome di Alumera, e Ana Tano, responsabile della community Comunicazione e Media nata dopo il Gen Fest del 2024 del Brasile.
Finito il webinar, il percorso di conoscenza e incontro continua. Gli interessati possono rimanere in contatto sulla pagina Facebook Synodal Communication network o partecipando alla riunione mensile, il secondo giovedì del mese. Il prossimo appuntamento sarà il 13 marzo. Chi fosse interessato può mandare una mail a net4synodcom@gmail.com o scrivere al numero +39 339 218 4423.
“La sinodalità è un elemento vitale della risposta di papa Francesco e della Chiesa al contesto attuale”. L’impegno alla sinodalità dei comunicatori, dunque, continua, perché insieme si può discernere come andare avanti al meglio insieme nella comunione, nonostante le differenze.
«Immaginate – aveva detto la giornalista Maria Ressa al Giubileo – se lavorassimo tutti insieme. Potremmo arginare la marea, impedire alla diga di cadere e guarire il nostro mondo. Collaborate; dite la verità con la chiarezza morale; proteggete i più vulnerabili e riconoscete il vostro potere».
Come suggerito da Alumera, si può dare un valore nuovo alle parole e provare ad essere «influencer di luce perché siamo la luce del mondo». L’appuntamento allora è per fine luglio, al Giubileo dei missionari digitali e degli influencer cattolici e al Giubileo dei giovani.
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