Una cittadella chiamata “pace”

“Qui avverto una pace mai sperimentato prima”. È quanto ha detto recentemente un uomo di mezza età visitando la cittadella di Tagaytay, che ha come nome proprio “Mariapoli pace”. Ho ribattuto: “Arrivando dal traffico caotico di Manila su queste colline meravigliose, ciò non mi sembra effettivamente strano”. Ma lui, di rimando: “No, non è così. Senza nulla togliere alla bellezza del paesaggio, c’è qualcosa di insolito, difficile da esprimere. Penso che verrò a trascorrere qui qualche giorno, così capirò meglio”. Quel visitatore ha poi soggiornato sul posto con la famiglia, e si è convinto che la sua prima impressione era quella giusta. Commenti del genere non sono insoliti alla Mariapoli pace. Ad esempio, ogni anno convengono da queste parti dei giovani buddhisti di un’organizzazione laica giapponese che regolarmente sperimentano la gioia della convivenza e poi le lacrime dell’addio. Ma cosa trova a Tagaytay tutta questa gente? La risposta ci riporta indietro negli anni, fino al 1982. “Ho un sogno”, esclamò Chiara Lubich in quell’anno, osservando le colline incantevoli di Tagaytay, e desiderando che proprio lì crescesse poco alla volta una delle cittadelle dei Focolari, luoghi dopo si vuole vivere evangelicamente 24 ore su 24, per mostrare in bozzetto come sarebbe il mondo se la gente vivesse in unità. Colpita in modo particolare dalla grande ricchezza spirituale del popolo filippino, la Lubich immaginò che là si accendesse “una luce che brillasse per tutta l’Asia”. Mentre venivano da lei pronunciate queste parole, ad ascoltare nella folla era presente un uomo d’affari, che al termine di quello stesso in- contro si fece avanti per incontrare l’ospite italiana; e offrì un appezzamento di terreno che si rivelò adatto per la realizzazione di quel sogno. Oggi la cittadella, che ha una vocazione specificamente indirizzata al dialogo interreligioso, consta di tre diversi siti contigui, abitati da 213 giovani e adulti di 14 nazionalità diverse, famiglie coi loro bambini, sacerdoti e religiosi, suore e lavoratori. Questo il mosaico di una popolazione che si trattiene per periodi più o meno lunghi su queste colline, sapendo bene che il suo solo compito è quello di costruire i rapporti e l’unità con gli altri. La presenza dei Focolari a Tagaytay è però più lontana nel tempo rispetto al 1982. Già nel 1966, infatti, si tenne un primo incontro di aderenti del movimento in quel luogo. In quell’occasione i presenti, colpiti dalla bellezza del posto, pregarono affinché proprio lì potesse sorgere un centro di incontro e formazione del focolare. L’anno seguente, grazie ad una prima donazione, quel desiderio cominciò a diventare realtà, concretizzandosi definitivamente nel 1975. Poi gli avvenimenti e il sogno del 1982, con la coincidenza di un invito rivolto al movimento dalla Conferenza episcopale filippina per costruire una “scuola” per sacerdoti asiatici proprio nelle adiacenze di Tagaytay. Da allora gli sviluppi sono stati molteplici. In particolare, tra le decine di costruzioni che hanno visto la luce, va segnalata la costituzione di una scuola per il dialogo con le religioni orientali. Naturalmente per il mantenimento dei suoi abitanti sono state avviate varie attività produttive e di servizi, da una falegnameria alla fattura di oggetti artigianali, da una pasticceria a una sartoria. Non vanno taciuti i rapporti con tutti coloro che in un modo o nell’altro, dopo aver visitato la Mariapoli pace, sono rimasti e restano cittadini di Tagaytay anche lontano dal luogo. Tra di essi, uno sguardo particolare va rivolto alle numerose persone aiutate in diversi centri sociali, come Bukas Palad e Pagasa.

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