Una città non basta
Il programma è impegnativo: la conquista della città. Il motto è un imperativo fatto di due parole in una: coloriAmo. Il campo d’azione è vario ma con una preferenza comune: gli angoli grigi, dei piccoli paesi come delle metropoli. I protagonisti sono gli adolescenti. La loro presenza si estende sui cinque continenti con un metodo che ben si esprime in quel think globally, act locally che li fa, appunto, pensare globalmente e agire localmente, come richiede la società. Da qualche anno a questa parte i Ragazzi per l’unità, hanno preso una decisione: rimboccarsi le maniche nelle proprie città dove, si sa, si gioca la sfida della convivenza umana. Col desiderio di ravvivare i rapporti fra le persone, con le istituzioni, le varie componenti sociali.
Un terreno pieno di insidie ma, al contempo, ricco di possibilità. E se, come per qualsiasi progetto, conviene prima prendere le misure, è altrettanto vero che l’immediatezza tipica dell’età fa fiorire le idee anche più azzardate, quelle che probabilmente al raziocinio degli adulti potrebbero risultare improponibili. Ecco le parole dei ragazzi, lasciate nella loro semplicità, forse nella loro apparente ingenuità, certamente sincere.
Africa
Così è successo ad esempio ad Iringa, in Tanzania, dove un gruppo di ragazzi ha deciso di andare a visitare la prigione femminile. La prima difficoltà era quella di convincere la vigilanza a farci entrare. La seconda era di riuscire a portare quei regali che avevamo messo in comune: frutta, sale, sapone… ma anche la Parola di vita, le nostre esperienze e canti. Abbiamo camminato tre chilometri prima di arrivare davanti ai militari di guardia all’ingresso. Erano armati e sul loro volto neanche l’ombra di un sorriso! Ricordandoci che anche in loro dovevamo riconoscere il volto di Gesù li abbiamo salutati, sorridendo noi per primi. Non potete entrare tutti! – hanno subito esclamato -. E quelli che tra voi sceglieremo, non dovranno cantare là dentro. In cambio, però, ci hanno permesso di portare i nostri regali. Con le recluse abbiamo letto la Parola di vita e testimoniato come essa cambi la nostra esistenza. Mentre parlavamo dell’amore di Dio che è per tutti e che anche noi possiamo ricambiare, anche le guardie erano in silenzio ad ascoltarci. Alla fine la gioia delle prigioniere è scoppiata in canti e danze, era il loro modo per ringraziarci. Il personale della sorveglianza, senza parole, si chiedeva: Ma chi sono questi ragazzi?. Siamo tornati a casa felici con nuove forze per continuare a colorare la città.
Ancora dall’Africa, questa volta dal Rwanda. Un luogo grigio di Kigali? Un istituto gestito da poche religiose, ma con tanti orfani e un reparto pediatrico di un ospedale della città. Oltre ad imboccare e lavare i bambini abbiamo anche fatto il bucato dei vestiti e delle lenzuola dei piccoli ricoverati. Con loro, poi, abbiamo pregato per chiedere a Dio la guarigione e la forza per i genitori. In quello stesso ospedale c’era anche il reparto di malattie infettive; così ci siamo fatti coraggio e siamo andati a trovare i malati di Aids. Alcuni erano in pessime condizioni e con il morale a terra. Vedendoli veniva spontaneo pensare a Gesù sulla croce e, forti dell’unità tra noi, abbiamo ricordato che lui era addirittura morto per salvarci. Grazie al suo amore non dovevano perdere la speranza. Il loro volto ha iniziato a cambiare espressione e tanti ci hanno ringraziato per quelle parole.
America del Nord
E cambiamo continente. Stati Uniti, California. A San Jose, nel Nord del Paese, in una scuola statale è nato un International club che sempre di più vuole vivere lo spirito dei Ragazzi per l’unità e diffondere a scuola la cultura di rispetto e apprezzamento delle diversità culturali. Precedentemente c’erano stati disordini tra neri ed ispanici e nella scuola stava emergendo un forte senso di razzismo. Così i membri del club si sono impegnati a promuovere varie attività per far conoscere le diverse culture: Capodanno asiatico, festival di luce degli indiani, giorno dei morti in Messico… Il culmine è stata la preparazione di un piccolo spettacolo con un pranzo per celebrare una giornata internazionale con gli studenti. Grazie alla collaborazione di tutti è stato un successo, con grande soddisfazione del preside. Ad esempio l’insegnante di computer ha cercato bandiere e fatti sui diversi Paesi di provenienza, ben cinquanta, dei suoi studenti. Un’altra professoressa ha scritto una canzone sull’esperienza dei suoi alunni immigranti, che sono poi saliti sul palco, insieme al coro della scuola (composto solo da ragazzi statunitensi) per presentarla a tutti. I membri del club hanno preparato cibo di tutti i tipi e un programma internazionale. Il successo è stato così evidente che un altro liceo ha chiesto ai membri dell’International club di aiutarli a promuovere la giornata anche da loro.
Asia
In India la città di Mumbai si è arricchita della presenza di ragazzi cristiani e indù dello Shanti ashram venuti da Coimbatore per quattro giorni all’insegna di un motto: Vivere per gli altri, andando verso chi più soffre. Così ci raccontano: Speciale è stato il giorno dedicato alla House of Charity, dove vivono circa quaranta tra bambini e adulti handicappati e rifiutati dalle famiglie. Divisi in gruppi, abbiamo preparato la cena, pulito le stanze e il giardino, aiutato i ragazzi a mangiare. Il terzo giorno ci aspettavano i bambini ricoverati in un ospedale per malati di cancro. Con canti e danze ce l’abbiamo messa tutta per farli sorridere. Venite ancora, Pregate per mio figlio ci dicevano genitori ed infermieri, mentre con i ragazzi più grandi ci siamo scambiati il numero di cellulare per rimanere in contatto. L’ultimo giorno, dopo una magnifica festa con più di cento orfani, era davvero difficile tornare a casa. I nostri amici indù dicevano: Racconteremo a tutti l’esperienza di gioia fatta in questi giorni.
Europa
Il nostro viaggio prosegue ora verso l’Europa per atterrare infine in Italia. Ecco cosa hanno realizzato i Ragazzi per l’unità dell’Austria. Una festa per gli altri prima che per noi. Questi altri erano persone che di solito vivono nell’ombra, ai margini delle nostre città: profughi, barboni, handicappati, anziani, gente spesso sola con la quale nessuno fa festa a Capodanno. Così a San Silvestro, divisi in piccoli gruppi, ci siamo recati in una casa per anziani, in un centro per ragazzi diversamente abili e in uno per profughi. Qui, alcuni ragazzi del Medio Oriente e della Cecenia ci hanno accompagnato nelle abitazioni di diverse famiglie rifugiate che, con una grande ospitalità, ci hanno subito accolti. Poi con alcuni giovani profughi abbiamo preparato dei pezzi musicali per la serata. Intanto, un altro gruppo stava addobbando la sala e preparando il cenone per trenta persone senza fissa dimora invitate per le diciotto. Almeno così era previsto, ma, alle diciassette, ecco che un gruppetto di loro già suonava alla porta: erano arrivati in trentadue e noi avevamo solo trenta bistecche viennesi. Dove prendere quelle mancanti? Come per magia, siamo riusciti a mettere insieme un bel piatto di carne per il trentunesimo ospite. E il trentaduesimo? Era vegetariano! Serven- do a tavola, ogni bicchiere riempito, ogni piatto portato diveniva la possibilità di un incontro. Alla fine una foto ci ha immortalato tutti insieme in quel momento indimenticabile. In tutti una certezza: il prossimo anno si ripeterà!.
Italia
A Milano l’attenzione si è rivolta ai rom. Ecco il racconto dei Ragazzi per l’unità locali: Quando abbiamo cercato di capire come colorare la nostra città alcuni di noi si sono rivolti alla Casa della carità di don Colmegna, fondazione che aiuta e ospita numerosi immigrati in cerca di lavoro, pensando di poter essere utili per il servizio mensa o per la semplice pulizia. È lì, invece, che ci hanno parlato di un gruppo di famiglie rom seguite da loro, i cui figli avrebbero potuto aver bisogno del nostro aiuto soprattutto nel farli sentire un po’ nostri fratelli. La prima volta siamo andati nel campo rom di Corvetto (una zona di Milano) per conoscere da vicino la loro realtà. Nascosto dietro un deposito di bancali, perché una realtà troppo scomoda alla vista della nostra società, a poche centinaia di metri da una zona benestante della città, si apre il loro villaggio. Strade di terra tutte infangate, baracche di lamiere, fogna a cielo aperto che emana un odore fetido… Mai avremmo pensato potesse esistere una simile realtà da noi. Dopo un forte momento di sconcerto per la visione di tutto questo, abbiamo però capito che potevamo essere proprio noi, anche se solo una dozzina di ragazzi, a poter modificare quella realtà… così al posto dello sconforto è subentrato l’entusiasmo! È quindi partita, dopo qualche mese, questa esperienza che ci vede protagonisti, da più di un anno, nell’animare giochi, lavoretti e varie attività insieme a una quindicina di bambini dai 7 ai 13 anni, ogni due settimane. Decidere di continuare questa esperienza è stato anche andare controcorrente, contro tanti luoghi comuni che, specialmente in una realtà come quella di Milano, dipingono spesso i rom come un gruppo di persone poco affidabili, dedite più a rubare che ad altro, gente da evitare. Noi, invece, non vogliamo dimenticarci che anche queste persone più povere fanno parte della nostra città.
Run4unity Cambia il continente, il contesto, il luogo; ma unico è l’impegno di questi ragazzi, vivere il Vangelo e lasciarsi guidare dalla sua luce per colorare con l’amore il mondo, cominciando dove è più difficile. La gara in corso può essere seguita sul sito www.teens4unity.net, sul quale si trova anche notizia dell’appuntamento del 10 maggio: una expo a suo modo planetaria, con la seconda edizione di Run4unity, una staffetta mondiale per infittire nel mondo la rete di fraternità. Per i particolari, arrivederci prossimamente.