Una chiesa sobria e aperta
Abbiamo intervistato la presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce, alla vigilia del Conclave per chiedergli quali priorità si troverà a gestire il nuovo Papa e quali prospettive si aprono per la Chiesa in questa nuova fase.
In quale direzione è auspicabile il rinnovamento della Chiesa e perchè?
«Anzitutto sottolineerei il fatto che la Chiesa, come ben sappiamo, è per il mondo, è aperta alla società. Di fronte alle esigenze di riforma o di rinnovamento della sua struttura interna, mi sembra che dapprima la Chiesa dovrebbe guardare fuori di sé. Dal contatto vitale con la società, che è lo scopo della sua esistenza, troverà nuove risorse e una nuova vitalità per riformarsi anche al suo interno.
Vedrei poi auspicabile una maggiore sobrietà, sia riguardo al possesso di beni, sia nelle espressioni liturgiche, sia nelle sue manifestazioni. Una Chiesa, cioè, più semplice, più vicina agli uomini. Auspicherei inoltre una comunicazione più fluida e contatti più semplici e diretti con la società contemporanea; ma desidererei anche che la Chiesa consentisse alla gente di rapportarsi con essa con più facilità, per offrire proposte, desideri, esigenze. In pratica auspicherei l’intensificarsi del dialogo con la società».
Ci sono cose da rifondare nella Chiesa?
«Non lo penso, perché la Chiesa è stata fondata da Gesù Cristo in persona. Caso mai sono da rinnovare alcuni aspetti riguardanti la sua prassi, certi modi di incarnare il messaggio originario, nella direzione di un ritorno sempre più chiaro e vitale alla vita del Vangelo».
Quali i temi su cui il nuovo Papa dovrà concentrare da subito la propria attenzione?
«Direi soprattutto di insistere sul tema del dialogo. In primo luogo quello ecumenico, cioè il grande tema della riunificazione delle Chiese, cercando di arrivare a definizioni della fede e della prassi ecclesiale che possano essere accettabili dai cristiani delle varie Chiese. Inoltrepenso che si dovrebbe concentraresul dialogo con la cultura contemporanea: aprire cioè maggiormente la possibilità di esprimersi sia a persone di religioni diverse, sia a persone di convinzioni non religiose. Un dialogo che allo stesso tempo permetta di far sentire la voce chiara della Chiesa. Più che di dare definizioni dogmatiche, si tratterà per la Chiesa di andare incontro pastoralmente alle necessità degli uomini e delle donne di questo tempo, pur nella chiarezza e nella fedeltà al Vangelo. Così nel campo morale, sia personale che sociale. Tutto ciò senza scendere a compromessi e senza formulare condanne. Occorreun atteggiamento di accoglienza, anche nei confronti di chi la pensa diversamente: il dialogo è un’arte che non tradisce la verità».
Quali i temi invece particolarmente cari al Movimento dei Focolari?
«Coincidono con quanto ho appena detto sui dialoghi. Il Movimento dei Focolari infatti vive per l'unità, quindi ha come suo scopo quello di concorrerealla realizzazione del testamento di Gesù: «Che tutti siano uno». Esso è quindi coinvolto nel far sì che la Chiesa sia più “comunione”, capace di farsi casa per chiunque».
Quali le qualità che il nuovo Pontefice dovrà avere per poter fronteggiare i tanti impegni che lo attendono?
«Una profonda spiritualità, capacità di stare con Dio, di pregare, di raccogliersi per cogliere dallo Spirito Santo le soluzioni ai molti problemi che esistono nella Chiesa e nella società. In secondo luogo qualità necessaria mi sembrerebbe la capacità di esercitare il ministero in maniera collegiale, per essere sempre sostenuto nel prendere le decisionidal consiglio dei suoi collaboratori, sperando che anch’essi siano docili nell’ascolto dello Spirito Santo. Un papa dal timbro pastorale, insomma. Infine gliauguro di avere le forze fisiche necessarie al suo compito; quindi mi sembra necessario che non sia troppo anziano né troppo provato da esperienze sfibranti».
Com'è stato il vostro rapporto con Benedetto XVI?
«Mi piace evocare due momenti significativi. Il 27 luglio 2008 ero stata appena eletta presidente dei Focolari. Insieme all’Assemblea generale ci recammo in udienza da Benedetto XVI, che ci incoraggiò con forza «a proseguire con gioia e coraggio nel solco dell’eredità spirituale di Chiara Lubich, incrementando sempre più i rapporti di comunione». Poi disse a me, in confidenza: «Dio la aiuterà». Nel 2010 ebbi poi un’udienza privata con lui. Gli piacque definire il «carisma dei focolarini» come quello «che costruisce ponti, che fa unità», palestra di un amore profondo e personale con Dio, fonte di ogni amore e santità. A conferma di ciò gli diede particolare gioia la testimonianza della beatificazione imminente della giovane Chiara Luce Badano, di cui egli stesso ha parlato in diverse occasioni, e le 17 cause avviate per altri membri del Movimento».
I punti di maggiore convergenza tra la visione focolarina e quella di Ratzinger?
«Difficili da riassumere. Sicuramente il primato di Dio, la scelta di Dio al primo posto nella vita di ogni cristiano. E poi l'accento posto sull'amore di Dio, su Dio che è Signore della storia. E, ancora, la concezione della storia come di un cammino verso l'unità guidato da Dio stesso. Da qui l’avere un sano ottimismo, pur vedendo le difficoltà che ci circondano. Infine, l’attenzione ai giovani».