Una Chiesa che cambia

Il forte discorso del papa alla Curia romana: c’è bisogno di nuove mappe e nuovi paradigmi, «che ci aiutino a riposizionare i nostri modi di pensare e i nostri atteggiamenti». Tra i libri suggeriti da Francesco ai cardinali, anche il testo di Epicoco edito da Città Nuova editrice

Quando si avvicina il discorso di fine anno del papa alla Curia romana, i giornalisti si fanno attenti, perché è probabile che ne venga fuori qualche “titolone”. Francesco, infatti, è particolarmente esplicito in queste occasioni, come l’anno scorso quando parlò dei Giuda che «si nascondono dietro le buone intenzioni per pugnalare i loro fratelli e seminare zizzania». O due anni fa, quando sottolineò con amarezza l’esistenza dei «traditori della fiducia».

Cambiamento
Anche quest’anno il papa non ha deluso le attese. Il concetto fondamentale del suo discorso è stato questo: «Sulla terra vivere è cambiare, e la perfezione è il risultato di molte trasformazioni». Non si tratta, continua Francesco, di seguire le mode, ma di essere coscienti che sviluppo e crescita sono le caratteristiche della vita terrena e umana, mentre, nella prospettiva del credente, «al centro di tutto c’è la stabilità di Dio». Un Dio che «si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia». Per cui dobbiamo «privilegiare le azioni che generano dinamiche nuove», con pazienza e attesa, senza fretta.

Mappe
Questo cambiamento della Chiesa è indispensabile per tanti motivi, ma soprattutto perché oggi c’è bisogno di nuove “mappe”, di nuovi paradigmi, «che ci aiutino a riposizionare i nostri modi di pensare e i nostri atteggiamenti: Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati». Specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente, infatti, «la fede non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata».

Digitale
Un altro dei motivi che richiede un cambiamento della Chiesa è che viviamo in «una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri. Un approccio alla realtà che tende a privilegiare l’immagine rispetto all’ascolto e alla lettura, influenza il modo di imparare e lo sviluppo del senso critico». È una nuova cultura che «ha bisogno di una risposta adeguata da parte della Sede Apostolica nell’ambito della comunicazione». Oggi prevale la forma multimediale, che implica, insieme ad un cambiamento culturale, «una conversione istituzionale e personale per passare da un lavoro a compartimenti stagni a un lavoro intrinsecamente connesso, in sinergia». A capo del nuovo Dicastero della comunicazione istituito nel 2015, Francesco ha chiamato un laico, unico tra tanti cardinali: il giornalista Paolo Ruffini.

Umanità
Il terzo, e più importante, motivo di questo ripensamento, è l’umanità che «chiama, interpella e provoca, cioè chiama a uscire fuori e a non temere il cambiamento». La Chiesa è chiamata a «svegliare le coscienze assopite nell’indifferenza dinanzi alla realtà del Mar Mediterraneo divenuto per molti, troppi, un cimitero». Non tenere conto di questa e altre situazioni di ingiustizia che gridano al cospetto di Dio, «significa fare le cose astraendo dalla storia degli uomini. Legata a questo difficile processo storico, c’è sempre la tentazione di ripiegarsi sul passato (anche usando formulazioni nuove), perché più rassicurante, conosciuto e, sicuramente, meno conflittuale. Anche questo, però, fa parte del processo e del rischio di avviare cambiamenti significativi».

Francesco alla Curia romana

Rigidità
A questo punto, Francesco mette in guardia la Curia dalla rigidità, che «nasce dalla paura del cambiamento e finisce per disseminare di paletti e di ostacoli il terreno del bene comune, facendolo diventare un campo minato di incomunicabilità e di odio. Ricordiamo sempre che dietro ogni rigidità giace qualche squilibrio. La rigidità e lo squilibro si alimentano a vicenda in un circolo vizioso. E oggi questa tentazione della rigidità è diventata tanto attuale». Parole pesanti. Seguite da altre ancora più pesanti: «la Curia romana non è un palazzo o un armadio pieno di vestiti da indossare per giustificare un cambiamento. La Curia romana è un corpo vivo, e lo è tanto più quanto più vive l’integralità del Vangelo».

Stanchezza
Francesco affida la conclusione del suo messaggio alle parole del cardinale Martini: «La Chiesa è rimasta indietro di duecento anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. […] Solo l’amore vince la stanchezza».

Epicoco
Salutando i cardinali, il papa suggerisce loro due libri, da leggere «perché servano a tutta la comunità». Il primo è la sua intervista per il mese missionario straordinario [ottobre 2019]: Senza di Lui non possiamo far nulla. Il secondo è «un ritiro dato ai sacerdoti poco tempo fa da don Luigi Maria Epicoco», dedicato alla testimonianza del cristiano nella società moderna: Qualcuno a cui guardare, edito da Città Nuova editrice.

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