Alla “prima nazionale” del libro
Portarti il mondo fra le braccia. Vita di Chiara Lubich di Armando Torno, editorialista del
Corriere della Sera, si intrecciano profezia, storia e ricordi di chi ha incontrato la fondatrice dei Focolari
Eli Folonari, una delle prime compagne di Chiara Lubich, nel recarsi all’appuntamento di palazzo della Cancelleria – a coloro che sono lì con lei –, racconta dei frammenti di storia della sua vita. Qualche tempo prima, Armando Torno, editorialista del Corriere della sera, il «non autore» – come si è definito –, della biografia su Chiara Lubich edita da Città nuova, un giorno si reca a Trento per visitare il posto in cui la fondatrice del Movimento dei focolari si rifugiava dalle bombe, con l’intento di cogliere le sensazioni che permeano quelle mura «perché l’autore sono le tante persone, – dice – , le tante testimonianze e le tante storie» che nel libro sono raccolte.
Torno ed Eli, dunque, sono due dei protagonisti della presentazione della biografia
PortarTi il mondo tra le braccia. Vita di Chiara Lubich avvenuta lo scorso 12 aprile nella splendida cornice rinascimentale di palazzo della Cancelleria di Roma. Con loro anche il prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di Vita apostolica, mons. Joao Braz de Aviz; Piero Damosso, caporedattore del Tg1, e Andrea Riccardi, fondatore della comunità di sant’Egidio.
Ricordo e attualità
L’Europa in questi giorni si mostra divisa sulle politiche da adottare nei confronti della guerra civile in Libia che coinvolge l’Italia e la comunità internazionale, dell’emergenza della grande ondata d’immigrazione dall’Africa verso il vecchio continente in cerca di dignità e di benessere, e delle popolazioni di cultura araba che chiedono più libertà. «Quanto è necessario il tuo esempio, la tua azione oggi» – dice Piero Damosso che Chiara l’aveva intervistata qualche anno fa. Figlia anche lei di un’Europa divisa, come Giovanni Paolo II, ma che «ha parlato di unità in un mondo diviso da lotte politiche, virulente, – ha detto Riccardi –, in un’Europa divisa in due blocchi», portando «una corrente di unità – ha proseguito –, che passava sotto la cortina di ferro».
Abbraccio e profezia
E nel mondo in cui oggi temiamo l’invasione di chi è diverso «siamo assetati di sicurezze e di frontiere – dice ancora Riccardi –, Chiara torna in mezzo a noi. Ha vissuto la globalizzazione ante-litteram e ci ha insegnato che la chiave per non aver paura è amare. La vera difesa delle nostre società». Lo racconta lei stessa nel 1966, in un brano ripreso nel libro, dopo il primo viaggio in Camerun: «ho avuto una forte impressione, di Dio come sole che abbracciasse tutti: noi e loro. Per la prima volta ho intuito che avremmo avuto a che fare con persone di tradizione non cristiana». Una profonda attrazione in lei sia per gli abissi che per i muri, ma sempre per gettare ponti e aprire varchi di dialogo.
Nel pomeriggio capitolino si è poi parlato anche della ricchezza della personalità di Chiara attraverso il racconto personale di Eli e di mons. Braz de Aviz che l’aveva sentita nominare «da un giovane pittore brasiliano ateo»: una personalità che per complessità probabilmente tuttora sfugge, non solo alla penna di uno scrittore, ma anche a quello di uno storico o di un teologo. Si tratta di una figura che però «merita di essere inseguita – ha detto Torno –, per consegnarla a qualcuno che verrà e non conoscete forse nemmeno voi. C’è ancora una Chiara da scoprire» perché il suo messaggio anche oggi dà soluzioni ai problemi ai quali la nostra società cerca risposte, con un anticipo che Chiara stessa non conosceva, in un momento di crisi in cui – ha concluso Torno –, «qualcuno allarga le braccia in segno di pazienza, lei lo ha fatto in segno di accoglienza».