Una casa per Juliett e i suoi bambini
Marco e Annalisa vivono a Montiano, un paesino di neanche duemila anime a 10 km da Cesena, sono sposati da 24 anni e hanno tre figlie: Chiara di 23, Laura di 21 e Francesca di 16 anni. La loro vita scorreva “normalmente”, quanto può esserlo quella di una famiglia italiana al tempo della crisi economica, sempre minacciata dagli spettri della cassa integrazione e del lavoro precario, almeno finché il padre di Marco non incontrò Juliett, una giovane vicina di nazionalità nigeriana.
Racconta Annalisa: «Il primo aggancio con lei è stato mio suocero che, avendo vissuto un periodo di lavoro in Nigeria, cominciò a parlarle in inglese. Con il passare del tempo, però, il rapporto si è allargato alla nostra famiglia e, da semplice buon vicinato, è divenuto più profondo, coinvolgendoci nella sua vita e in quella dei suoi familiari: del marito Precius e dei loro tre figli, Favour di 11 anni, Richard di 9, e la piccola Purity di 4».
La vita in Italia di questa famiglia nigeriana non è facile e Marco e Annalisa cercano di supportarli, coinvolgendo la comunità parrocchiale, l’Amministrazione comunale, il comitato dei genitori della scuola. Ma non tutti in paese capiscono il loro impegno.
«È la difficoltà di comprendere la cultura dell’altro, di non fermarsi alle differenze,» spiega Marco «ma alla fine, alcuni, vedendoci sempre più coinvolti come famiglia, hanno cambiato atteggiamento e si sono aperti».
Così, a Montiano, succede un piccolo miracolo: il sindaco riesce a trovare un posto di lavoro temporaneo per Juliett e Precius, e alcuni membri del comitato dei genitori si mettono a disposizione per le necessità dei bambini.
«Questa vicinanza concreta nei loro confronti ha portato Juliett e suo marito Precius a chiedere il Battesimo per i loro figli − mi confida Annalisa – e a noi di essere i loro padrini. È stata l’occasione per festeggiare nel teatro parrocchiale, permettendo loro di invitare tanti conoscenti».
Poi, le cose precipitano: ad aprile 2015, in seguito a uno sfratto esecutivo la famiglia di Juliett e Precius deve lasciare la casa e, per una serie di circostanze, sono costretti a partire per il Belgio, in cerca di una vita migliore. Racconta ancora Annalisa: «In quel periodo, abbiamo continuato a mantenere i contatti. Juliett è anche ritornata in Italia per fare alcuni documenti e l’abbiamo ospitata e supportata. Ma una volta in Belgio, il rapporto con il marito si è incrinato e per lei non si è aperta nessuna possibilità lavorativa. Così, ad agosto 2016, è venuta in Italia con i figli, senza sapere dove andare».
Marco e Annalisa aprono di nuovo loro la casa, e intanto cercano soluzioni di accoglienza più adatte alla famiglia, ma senza riuscirvi.
«A quel punto, ci siamo chiesti cosa potevamo fare – spiega Marco – e nel Vangelo Gesù ci dice: “Voi stessi date loro da mangiare”; o anche “Ero forestiero e mi avete accolto”. A noi è sembrato che quella situazione disperata volesse portarci a fare un passo più grande, aprendoci alla realtà dell’affido familiare, nonostante i nostri timori e le incertezze lavorative di entrambi».
Annalisa e Marco espongono questo loro desiderio alle figlie, non nascondendo le problematiche che sarebbero sorte nella divisione degli spazi in casa e nelle dinamiche familiari.
«Con nostro stupore, le ragazze si sono subito rese disponibili, proponendosi di seguire i bambini nel fare i compiti, accompagnarli a scuola, rivedendo i loro spazi e aiutando nelle faccende di casa. Con il consenso degli assistenti sociali, Favour e Richard sono entrati in casa nostra il 13 ottobre, mentre Juliett e la piccola Purity sono state alloggiate in un centro di accoglienza della città», racconta Annalisa.
L’inserimento nella nuova famiglia va a buon fine e gli effetti di una maggiore stabilità familiare influiscono sulla vita dei due bambini: Favour comincia ad interessarsi alle lezioni e alle attività scolastiche, in Richard scompaiono quasi completamente gli attacchi di rabbia e di panico che tanto lo avevano tormentato l’anno prima.
«L’affido è terminato il 30 giugno. Gli assistenti sociali hanno trovato per loro un appartamento nelle case popolari ma tutto da arredare. Così, ci siamo messi in contatto con la Caritas locale e, attraverso il Campo Emmaus, un magazzino dove si può portare tutto ciò che non serve e che si può acquistare con poco, l’abbiamo arredato gratuitamente», ricorda Marco.
Nella casa mancano anche lenzuoli, coperte, asciugamani, piatti, bicchieri e pentole.
«Ancora una volta abbiamo coinvolto la nostra comunità ed è stato sorprendente toccare con mano la generosità di tanti – commenta Annalisa –. Ora, i ragazzi vivono felici nella loro nuova casa ma rimaniamo comunque per loro un punto di riferimento: ormai fanno tutti parte della nostra famiglia!».