Una Carta per unire i popoli
Siamo alla vigilia del V congresso nazionale ecclesiale e da Palazzo Vecchio la parola che domina e risuona più spesso nel Salone de' 500, simbolo dello splendore del Rinascimento e della famiglia dei Medici, è cultura come foriera di pace fra i popoli.
Nella carta di Firenze gli 80 sindaci presenti al Convegno internazionale "unity in diversity" infatti riconoscono fra l'altro «le diverse tradizioni, i beni naturali, paesaggistici e culturali presenti nelle nostre città, non solo come patrimonio locale o nazionale, ma anche come patrimonio dell’intera umanità, che unisce i popoli e le generazioni passate, presenti e future»e si impegnano ad «educare le presenti e future generazioni ad una maggiore conoscenza ed accoglienza della diversità delle espressioni culturali, nonché aumentare presso gli individui di ogni età e condizione sociale e presso la società civile la consapevolezza del ruolo della cultura come reticolo per la costruzione della pace».
La diversità quindi come ricchezza – ha sottolineato il sindaco Nardella – e non come motivo di scontro, proponendo di fare di queste diversità (linguistiche, religiose, culturali, etniche) il punto di partenza per unire le forze e le energie. Unirle contro il terrorismo, contro tutte le guerre e unirle per affermare una cultura del dialogo e della pace.
«Rivolgeremo l’appello e le proposte della Carta di Firenze alle organizzazioni internazionali come l’Onu e l’Unesco – ha spiegato poi il sindaco -: gli chiederemo impegni precisi sulla tutela del patrimonio culturale, oggetto di attacchi e di scontri, e sul riconoscimento e la tutela delle diversità e delle identità di ciascuno. Sono grandi valori e grandi principi che possono tradursi in qualcosa di concreto solo attraverso quell’impegno quotidiano che i sindaci e i governanti delle città conoscono molto bene».
Ed anche nella futura scuola fiorentina per l’educazione al dialogo interreligioso interculturale, il cui protocollo è stato firmato in Palazzo Vecchio in questa occasione da parte del sindaco Dario Nardella, del cardinale arcivescovo Giuseppe Betori, del rabbino Joseph Levi e da Musa Mohammad, delegato dall’imam Izzedin Elzir, non c'è dubbio del ruolo dato alla cultura per arrivare una pace futura e duratura.
E' lo stesso sindaco a sottolinearlo affermando che «Il progetto di realizzare in città questa Scuola conferma e promuove il ruolo di Firenze come città simbolo della cultura e della crescita umanistica».
L'Istituto avrà infatti come scopo fondamentale «lo studio e la promozione del dialogo tra culture», la «comprensione e l’interazione positiva e cooperativa fra persone appartenenti a differenti tradizioni religiose” e il «conseguente rispetto e valorizzazione interculturale». L’istruzione, la conoscenza e «la condivisione delle ricchezze etiche, religiose, custodite in ogni cultura del mondo saranno i valori e le leve attraverso le quali la Scuola si farà portavoce di concetti inalienabili», di crescita e sviluppo umano come la coesione, la pace, lo scambio, il dialogo sociale. Contro «ogni stereotipo culturale e intolleranza etnica e religiosa», la Scuola offrirà ai giovani che la frequenteranno gli strumenti e la metodologia per poter diffondere, nei paesi di origine e a livello internazionale, il patrimonio di conoscenze e di cultura interreligiosa e interculturale acquisite durante la frequentazione dei corsi e la permanenza nella scuola fiorentina.
«Questa scuola la dobbiamo all’intuizione e alla volontà del rabbino Joseph Levi che ha voluto far fare un passo ulteriore alla collaborazione tra le religioni che ha una lunga storia in questa città», ha affermato il cardinale Giuseppe Betori, sottolineando di aver aderito con molto piacere a questa iniziativa alla quale la diocesi si impegnerà con tutte le forze dal momento che la formazione e l'educazione molto possono fare per la pace.
«La firma di questo progetto, che vorrà comunicare pace e istruzione, è un’occasione che ci permette di far conoscere il lavoro che stiamo facendo giorno per giorno – ha detto il rabbino Joseph Levi -. A Firenze il dialogo tra le nostre comunità va avanti da tempo ma adesso, con la firma di questo protocollo, vogliamo fare un passo in avanti proponendo canali di educazione e formazione per il dialogo interreligioso a tutti, compresi i rappresentanti delle istituzioni pubbliche».
Questo progetto era un sogno nel cassetto di rav Levi che ha invitato i sindaci di tutto il mondo presenti a Palazzo Vecchio a inviare dalle loro città giovani per formarsi a questa Scuola per diventare leaders delle loro comunità messaggeri di Pace.
Molti i giovani presenti provenienti da Africa, America, Medio Oriente, Europa, protagonisti di queste giornate che hanno avuto la possibilità di uscire dal proprio Paese per studiare immergendosi in culture "altre", assaporando l'educazione globale.