Una Carmen trasgressiva?
Musica di Georges Bizet. Milano, Teatro alla Scala.
Polemiche il 7 dicembre scorso per la regia di Emma Dante. Ma cercare di attualizzare l’opera è liberarla dalla routine di regie datate. Certo, Carmen, gitana libera da tutti, anche dall’amore, per cui rinuncia alla vita, è materia per un allestimento puntato al fosco. Emma Dante ci ha messo una sicilianità vera, creando un mondo barocco di contorno alla vicenda Carmen-don Josè, suonato a molti sviante rispetto all’opera di Bizet.
Tra preti, crocifissi, un tentato stupro di Carmen e lei stessa sgozzata tra un gruppo di prefiche: ce n’era abbastanza per i puristi. Ma il fatalismo è dentro la storia di Carmen e giustifica, a parte gli eccessi, la scelta della regista. È mancato lo spirito integrale di Bizet. L’opera è del 1875: anni di fascinazione esotica degli artisti. Bizet si inventa una Spagna del tutto musicale: c’è il dramma e ci sono leggerezza, lirismo, folclore, mistero. Nasce un’opera di raro equilibrio scenico e musicale: viva.
Ma Baremboim, direttore forse sopravvalutato, ha puntato ad un tragedismo lento e wagneriano. Bravi però i cantanti-attori, Anita Rachvelishvili, Jonas Kaufmann, Erwin Schott, l’orchestra e il coro.