Una candelina, 60 città
Partita in sordina e subito diffusasi nel primo anno la rete di comuni impegnati per la fraternità.
«È raro uscire da un incontro tra sindaci con la gioia nel cuore. Oggi è così!», aveva esordito Stefano Cardinali, giovane primo cittadino di Montecosaro, in provincia di Macerata, lasciando in tasca il testo preparato. Servivano parole vitali nelle conclusioni del primo convegno dell’associazione “Città per la fraternità”, svoltosi a metà dicembre in quel laboratorio di convivenza che è Loppiano, alle porte di Firenze.
«La gioia è l’effetto – aveva spiegato Cardinali – del patto d’amore reciproco che sta alla base dell’associazione e che abbiamo rivissuto oggi. Questo permette di sentire fratelli gli altri sindaci, al di là del colore politico, di considerare miei i problemi dei comuni da loro amministrati». Ricordò ai colleghi la sfida cruciale: «Non vedere più amministrati e dipendenti, consiglieri di maggioranza e di opposizione, ma fratelli con cui costruire, nel rispetto delle diversità, il bene comune».
L’appuntamento nella cittadella dei Focolari affrontava un tema impegnativo: “Fraternità, una proposta possibile. Percorsi condivisi tra enti locali e comunità”, ma non mancò il tono della festa. Perché il convegno coincideva con il primo compleanno dell’associazione.
La prima idea era stata espressa nel dicembre 2008. Il sindaco di Rocca di Papa, Pasquale Boccia, e la presidente dei Focolari, Maria Voce, auspicarono la nascita di una rete tra città. Detto e fatto. Dopo solo 42 giorni, il 16 gennaio 2009, a Pompei, 23 comuni firmarono l’atto di nascita del nuovo organismo tra città. Città e non sindaci o consigli comunali: Chiara Lubich guardava alla realtà urbana nella sua fisionomia di comunità, per fare della città la casa di tutti.
La Lubich aveva anticipato i tempi e così la neonata associazione ha subito intercettato un’esigenza latente. Il 20 marzo scorso a Norcia veniva suggellata l’adesione di 22 comuni dell’Umbria (un terzo del totale) e poco dopo a Loreto facevano propria la proposta 15 comuni delle Marche.
Uno dei tratti peculiari è il fatto che i firmatari appartengono a partiti e schieramenti diversi, a dimostrazione di una reale fraternità in azione. E su questo paradigma è stato consegnato il primo Premio Chiara Lubich per la fraternità a Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno, dove opera l’associazione “Amo la mia città”, presente con molti suoi componenti.
«Nella prima assemblea dell’associazione – racconta il presidente Pasquale Boccia – è nato un sano dibattito tra noi sindaci per capire meglio il valore della fraternità e renderlo vivo nei programmi dei nostri comuni». Molti di loro hanno rilevato nei propri territori iniziative e pratiche positive che «confermano che la tensione alla fraternità è operante».
Terni a parte, tutti i comuni aderenti sono di contenute dimensioni. Un limite di questa avventura agli inizi. Nient’affatto, replicano gli esperti, perché anche le città minori sono investite dagli effetti della globalizzazione e dell’immigrazione. Anzi, nella difficile ricerca di soluzioni, i sociologi additano il ruolo chiave delle piccole realtà locali come i comuni. Motivo? Possono costituire spazi ideali di nuova partecipazione e di sperimentazione di politiche solidali.
Una prospettiva condivisa dalla presidente dei Focolari, che s’è felicitata con un organismo «che spegne la prima candelina e accende tanta speranza per amministratori e cittadini». Il cammino intrapreso è ricco di futuro, perché «in sintonia con l’ultimo “grido” di Chiara per la città, il “Progetto città”, come risposta al degrado spesso vissuto oggi, ma anche per le grandi potenzialità dei comuni».