Un weekend al cinema
La stagione inizia alla grande. Presenti tutti i generi, dal thriller alla fantascienza, dalla commedia, al drammatico, al comico. Ne proponiamo alcuni.
Niente da dichiarare? (nella foto) è la commedia gustosa del regista di Giù al nord, Dany Boon, film campione d’incassi. Questa volta siamo alla frontiera doganale Francia-Belgio in attesa del 1 gennaio 1993, data dell’apertura delle frontiere in Europa. Ruben è il belga razzista “francobico” da generazioni che, come il padre, insegna al figlio piccolo il rifiuto dei “mangia lumache”, cioè i francesi. Mathias è il mite francese, doganiere pure lui, e innamorato della sorella di Ruben, che non sopporta il razzismo dei suoi, giudicandolo un vecchiume inutile. Bozzetti sapidi colorano il ritratto di un piccolo luogo dove la commedia umana dei difetti, dei capricci, delle manie razzistiche e dei guai di frontiera è presa in giro con amabilità (purtroppo il doppiaggio si rivela poco felice, si perdono le squisitezze linguistiche originali). Con finezza francese si parla anche dei risvolti economici dell’apertura delle frontiere, con il ristoratore che rimane quasi a secco e si mette a fare il corriere di droga. Battute spumeggianti, tono favolistico, ritmo svelto e recitazione consumata della coppia Benoit Poelvoorde e Dany Boon rendono il film un prodotto gustoso, anche se un po’ meno originale di Giù al nord.
Mozzarella stories è l’opera prima di Edoardo De Angelis. Ambientato nel Casertano, racconta in toni grotteschi le vicende di Ciccio Dop (Giampaolo Fabrizio), produttore di mozzarelle autentiche, innamorato delle sue bufale, terribile con i dipendenti, insensibile con la figlia (Luisa Ranieri), e della sua perdita economica oggi, con l’invasione dei cinesi che “copiano” i suoi prodotti. Satira e denuncia, condita da una colonna sonora canzonettistica, è una favola surreale di una dinamicità travolgente, con qualche scivolone nel farsesco, dove il dramma sociale è esorcizzato dalla recitazione eccessiva dei personaggi, altrettante “maschere” di una commedia dell’arte,con tanto di camorristi, che avrà certo i suoi fan.
L’alba del pianeta delle scimmie è invece un racconto fantascientifico, prequel de Il pianeta delle scimmie del 2001 di Tim Burton. Racconta dello scienziato Will Rodman (James Franco) che, ricercando una cura per il padre malato di Alzheimer, scopre una medicina particolare che sperimenta su di una scimmia. La quale poi diventa un semi-uomo, di qualità eccezionali. La scimmia, a cui dà il nome di César, è affettuosa, superintelligente, e si rivelerà alla fine pericolosa per l’umanità. Thriller recitato da Franco ottimamente, fa serpeggiare nel racconto un terrore per quello che potrebbe accadere un domani, nel caso in cui la scienza non sappia più dominare gli eventi e i frutti delle sue sperimentazioni. Lo spettacolo è bello, il finale lascia nella sospensione. Certo alcune scene ricordano gli effetti speciali di altri film del genere, ma il regista Ruper Wyatt conosce bene il suo mestiere ed evita ogni banalità, restituendo al lavoro la dignità di uno spettacolo grande ma condito da riflessioni per nulla scontate sul potere dell’uomo di farsi del male.