Un uomo veste i panni di Medea
La Medea di Luca Ronconi
Franco Branciaroli è di nuovo protagonista nei panni femminili di Medea nella storica edizione diretta da Luca Ronconi nel 1996, e oggi riallestita da Daniele Salvo, pietra miliare della storia del teatro nazionale. Infatti, se le letture in chiave psicologica portano a considerare Medea come il prototipo dell’eroina combattuta tra il rancore per il proprio uomo e l’amore per i propri figli, e le analisi sociologiche tendono a trasformare la principessa della Colchide in una sorta di precorritrice del movimento femminista, in realtà essa è il prototipo della minaccia impersonata da uno straniero, che approda in una terra che si vanta di avere il primato della civiltà. “Medea – si legge nelle note di regia di Ronconi – è una ‘minaccia’, che incombe imminente anche sul pubblico”. Per questo suo essere una creatura misteriosa e mostruosa può anche essere interpretata da un uomo. La sua non è una tragedia della femminilità, ma della diversità”. “Medea” di Euripide, traduzione di Umberto Albini, regia di Luca Ronconi, ripresa da Daniele Salvo, scene Francesco Calcagnini riprese da Antonella Conte, costumi Jaques Reynaud ripresi da Gianluca Sbicca, luci Sergio Rossi riprese da Cesare Agoni, con Alfonso Veneroso, Antonio Zanoletti, Tommaso Cardarelli, Elena Polic Greco, Livio Remuzzi. Produzione CTB Centro Teatrale Bresciano, Teatro de Gli Incamminati, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa. A Roma, Teatro Quirino, fino al 5/11. In tournée.
Littoral, tra padri e figli
Il giovane Wilfrid si trova di fronte ad un compito inaspettato: seppellire il corpo del padre che non ha mai conosciuto. Inizia da qui un percorso ironico, grottesco e a volte surreale, in cui il protagonista si muove nei meandri della sua memoria accompagnato da un fantomatico cavaliere, da una troupe cinematografica, che continuamente interrompe la sua ricerca cercando di fissare i suoi ricordi in un montaggio filmico, e dallo stesso padre ormai defunto che, come il fantasma di Amleto, lo accompagna verso il luogo della sepoltura, la terra natìa dei suoi avi. Qui Wilfrid incontra altri ragazzi come lui, altri giovani che hanno perso il padre e che per diventare gli uomini di domani devono fare i conti col proprio passato. Attorno al protagonista ruotano tre personaggi fondamentali della letteratura e del teatro occidentali, Edipo, Amleto, e il principe Myskin: personaggi che portano sulle spalle, più o meno consapevolmente, il peso dell’eredità. Il testo dell’autore libanese di nascita e canadese di formazione, Wajdi Mouawad, è una riflessione su uno dei temi fondanti di ogni società, ovvero il rapporto tra padri e figli, tra tradizione e innovazione, tra passato e futuro. “Littoral”, di Wajdi Mouawad, traduzione Giulia Pizzimenti, regia Vincenzo Picone, con Davide Gagliardini, Silvia Lamboglia, Luca Nucera, Gian Marco Pellecchia, Giulia Pizzimenti, Massimiliano Sbarsi, Emanuele Vezzoli, scene Mario Fontanini, luci Luca Bronzo. Produzione Fondazione Teatro Due. A Parma, Teatro Due, il 4, 5, 11 e 12/11.
Trend, nuove frontiere della scena britannica
Per la sedicesima edizione della rassegna curata da Rodolfo Di Giammarco (in corso al Teatro Belli di Roma fino al 17/12), che traccia una geografia tematica, un inventario linguistico della drammaturgia contemporanea inglese, il programma prosegue con due altri appuntamenti. “Und” di Howard Barker, con Laura Mazzi e la regia di Massimiliano Farau (dal 31/10 al 3/11), è un enigmatico e disturbante teorema, di forte impronta beckettiana, sugli aspetti più distruttivi del rapporto uomo-donna, che evoca con potente forza espressiva anche scenari di violenza collettiva che si stagliano sullo sfondo di una inquietante vicenda privata. Un’esplorazione cruda ed emotiva di ciò che significa essere un uomo in Gran Bretagna oggi. Incorniciato da due morti violente, “Men in the cities” di Chris Goode, con Giulio Forges Davanzati per la regia di Silvio Peroni (dal 5 all’8/11), è un avvincente monologo sul male e la complicità, e sulle forze che determinano le nostre relazioni. Attraverso istantanee frastagliate di vite apparentemente scollegate, l’autore ci presenta un racconto provocatorio, ma radicalmente umano su come viviamo oggi.
L’armata dei sonnambuli
La pièce, tratta dall’ultimo romanzo storico del collettivo Wu Ming, è ambientata nella Rivoluzione Francese, nel periodo del Terrore, momento in cui nulla è più definito, tutto si capovolge, e, ricordando Deleuze, si scopre come “interessanti non siano tanto le rivoluzioni quanto i rivoluzionari e quello che realmente la rivoluzione cambia nelle loro vite”. L’opera, ricca di riferimenti reali, racconta gli avvenimenti più dirompenti di un’epoca piena di capovolgimenti, e lo fa attraverso le vicende di quattro personaggi, fra cui Orphée D’Amblanc, medico mesmerizzatore, che si addentra nelle viscere della Francia più reazionaria per indagare su misteriosi casi di sonnambulismo. “L’armata dei sonnambuli “, un progetto di Andrea de Goyzueta, regia di Pino Carbone, drammaturgia di Linda Dalisi, con Michelangelo Dalisi, Andrea de Goyzueta, Francesca De Nicolais, Renato De Simone, Rosario Giglio. Produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro. A Napoli, Teatro Nuovo, dal 3 al 5/11.
Wayne McGregor tra scienza e filosofia
Tra le figure di maggiore spicco della danza contemporanea, arte che ha contribuito a ridefinire radicalmente con pionieristiche innovazioni, Wayne McGregor si è imposto a livello internazionale con il lavoro sul rapporto tra danza e tecnologia e per la profonda energia del gesto coreografico che sprigiona dalle sue opere. Questa nuova creazione sulla complessità biologica della vita, rappresenta un’indagine coreografica in cui l’autore, con la collaborazione di un gruppo di scienziati di genetica, fa dialogare scienza e filosofia mettendo in sequenza il suo genoma completo. “Autobiography”, ideazione, direzione e coreografia Wayne McGregor, musica originale JLin, scene e proiezioni Ben Cullen Williams, design luci Lucy Carter, drammaturgia Uzma Hameed. Company Wayne McGregor. In esclusiva a Ferrara, Teatro Comunale, il 5/11.
Saburo Teshigawara a Reggio Emilia
Il progetto Saburo Teshigawara, nel calendario del Festival Aperto 2017, si inscrive in una pluriennale collaborazione tra Collezione Maramotti, Max Mara e Fondazione I Teatri, con l’obiettivo di aprire un dialogo stimolante fra coreutica e arti visive. In prima europea “Tristan and Isolde” al Teatro Ariosto (lo scorso 31/10), e un’esclusiva performance site specific, “Pointed Peak”, negli spazi della Collezione Maramotti (fino al 5/11). Interpretato da Rihoko Sato e dallo stesso Teshigawara, “Tristan and Isolde” è costruito a partire da estratti dell’opera monumentale di Wagner, immaginata e arrangiata come una musica originale e un’opera. Coerente con la visione artistica di Teshigawara, la coreografia è un viaggio poetico che utilizza diversi mezzi espressivi. I corpi dei danzatori, che incarnano gli sfortunati amanti, si fanno messaggeri dell’indicibile. “Pointed Peak”, è una performance site specific originale creata da Teshigawara appositamente per la Collezione Maramotti, interpretata dal coreografo stesso insieme a Rihoko Sato ed Eri Wanikawa. La poesia che il luogo gli ha ispirato parla di esistenza e percezione, di oscurità e luce, di trasformazione, evocando un corpo danzante che tocca il picco dell’aria che, per l’artista, coincide con un punto che non esiste.
“Lo straniero” di Camus in danza
Uno spettacolo intimo, abitato dal flusso e dalla forza della scrittura di Albert Camus, il cui clima caloroso, poi sordo e minaccioso, è un riflesso dell’assurdità del mondo, espresso in scena attraverso la potenza misteriosa della danza contemporanea di Jean- Claude Gallotta. La coreografia, priva di orpelli e ornamenti, e il romanzo avanzano insieme al ritmo dello scontro tra istinto vitale e istinto di morte. «Danzi?» domanda la cantante Juliette Greco una sera del 1945. Si trova in un club di Saint-Germain des Près a Parigi. Sì, lui danza. Così danzerà, ma su un altro ritmo, con una studentessa svedese in occasione del ballo di gala per la cerimonia del Nobel che riceverà a Stoccolma nel 1957. “L’ètranger”, coreografia di Jean-Claude Gallotta sul romanzo omonimo di Albert Camus. A Palermo, Teatro Libero, il 2/11, per il Festival “La Francia in scena”.