Un uomo, il Battista
«Cerco l’uomo», diceva Diogene, aggirandosi fra le vie di Atene con una lanterna accesa in pieno giorno. Non aveva torto, l’oggetto della sua ricerca era (ed è) una merce rara.
«Fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista» (Mt 11,11), ha dichiarato pubblicamente suo cugino Gesù. Quindi qualche uomo Diogene l’avrebbe trovato. Il Battista (nella foto un dipinto del Caravaggio che raffigura il santo): una personalità ricca con caratteristiche quasi contraddittorie: forte, austero, senza paura («violento» dice Gesù) nel denunciare il peccato dei capi religiosi del popolo e di Erode e nell’invitare alla conversione; umile al punto da considerarsi schiavo di Gesù e disponibile al dialogo con il debole re, succube della moglie astuta e crudele. Un radicale, quindi, in tutti i sensi.
La sua figura avvince e, allo stesso tempo, provoca. È un uomo in piedi, che non si piega davanti ai potenti, perché unicamente obbediente a Dio, di cui difende i diritti della verità e della giustizia. Emerge in mezzo alla folla, che da lui prende coscienza dei propri peccati, e col battesimo l’avvia sul cammino della conversione.
La quale passa attraverso i diritti dell’uomo, soprattutto dei poveri: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto» (Lc 3,11).
Ma la sua missione è scomparire, la sua voce potente che grida nel deserto diventa muta davanti a quella del messia annunciato. E passerà per una crisi: questo messia non è espressione della giustizia inflessibile, ma della misericordia.
Muore decapitato. Simbolo della sua radicalità, che sacrifica tutto a Dio e al suo Regno, e simbolo del suo annullarsi, del suo ammutolire.
Un uomo.