Un tweet dal passato su Igino Giordani

Dopo l’incontro-dibattito che si è svolto a Roma il 30 aprile su questo grande politico e giornalista, cofondatore dei Focolari, pubblichiamo l’intervento di Aurora Nicosia, redattrice di Città Nuova
Igino Giordani

«Igino proteggici tu». Così L’Espresso titolava un trafiletto dedicato alla notizia dell’avvio del processo di beatificazione di Igino Giordani avvenuto il 6 giugno 2004. Il noto settimanale italiano scriveva: «Era ora. Anche l’ordine dei giornalisti avrà il suo beato: Igino Giordani, direttore de Il Quotidiano e de Il Popolo, deputato Dc, cofondatore dei Focolarini (…). Il viatico per la beatificazione dà un bel po’ di lustro alla vituperata categoria…».

E il compianto Gaspare Barbiellini Amidei commentava: «Dunque non tutti noi giornalisti andremo all’inferno. Un giorno non lontano uno di noi potrebbe diventare ufficialmente santo, e se lo meriterebbe. La strada per gli altari per un grande giornalista cristiano è già ufficialmente cominciata e propone alla memoria uno dei personaggi più belli di cui possono vantarsi i mass media: Igino Giordani».

Quattromila gli articoli pubblicati su 49 organi di stampa italiani ed esteri, fondatore di varie testate, direttore di due quotidiani e di dieci periodici: basterebbero queste cifre a definire il Giordani giornalista. Qui però non ci troviamo solo di fronte a grandi numeri, ma ad un grande comunicatore.

Fra le testate che lo videro direttore, anche il periodico Città Nuova, che Giordani contribuì a fondare verso la fine degli anni Cinquanta. Innumerevoli gli articoli redatti dalla sua penna arguta, un patrimonio di interventi su questioni spinose in anni non meno tormentati di quelli più recenti, e che ancora oggi sono di grande attualità, tant’è che in più occasioni, lo confessiamo, ci siamo ritrovati in redazione a chiederci: «Cosa scriverebbe Giordani di fronte a questa situazione?».

Così, sulla base di testi e documenti che esprimono il suo esatto pensiero, abbiamo provato a ipotizzare un’intervista immaginaria.

Caro Giordani, ci rivolgiamo innanzitutto a lei come nostro amato – e indimenticato – primo direttore di “Città nuova”. Sono tempi difficili, questi, per il giornalismo…
«Il giornalismo è fatto dai giornalisti: ci sono quelli che perseguono la verità, esercitando la libertà della propria coscienza e la missione del proprio stato professionale. Ci sono altri che offrono il proprio servizio all’asta, sono pronti a cambiare bandiera inseguendo il miglior offerente, vivono la propria professione al servizio del potente di turno. I giornalisti di questa categoria sono come dei molluschi. Che Dio ci salvi dalle loro ventose».

Ci piacerebbe sapere cosa pensa dell’intreccio fra poteri forti e mezzi di comunicazione.
«I poteri, quando si allontanano dalla propria naturale missione che è quella di cementare in unità il corpo sociale, sono sempre forti e prepotenti. Ne so qualcosa io, che divenni giornalista mentre andava dilagando l’ideologia fascista. Ricordo pure che in qualche occasione, da direttore di giornali, mi impuntai, non accettando di fare il “direttore diretto”. Per questa ragione, per esempio, mi dimisi dalla direzione de Il Popolo. Non soffrivo le telefonate di qualche personaggio influente che voleva convincermi di scrivere a favore di qualcuno».

Per lei dunque la libertà di pensiero, il rispondere alla propria coscienza, sarebbero elementi irrinunciabili della professione di giornalisti anche in tempo di crisi?
«Per propugnare la libertà, per la quale si è figli di Dio, bisogna che il giornale sia esso stesso libero. Non è difficilissimo trovare finanziatori: basta cedere in cambio la propria libertà: la propria anima. Il fatto che la stampa cattolica, di solito, tecnicamente sia meno vistosa, può dispiacere; ma, tranne i casi di sonnolenza anacronistica e di sciatteria costituzionale, la cosa può significare che il foglio non ha venduto la propria libertà: credo, morale, Chiesa… Povero ma onesto.

Per vincere la povertà, troppa stampa fa traffico di coscienze o si dà allo smercio dell'oscenità. E invece il popolo, che ha fame di vita, attende dalla stampa, – malgrado scandali e delusioni, – un nutrimento di fede, un'azione educativa, un aiuto a vincere nell'amore la morte. I giornalisti formano, più degli altri, l'opinione pubblica: quindi esercitano un influsso sullo spirito del pubblico: e può essere un influsso buono o cattivo, traente a Dio o traente a Satana».

Grazie Giordani, le sono grati i giornalisti di tutti i tempi.

 Aurora Nicosia

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