Un trattato di plastica?

Questioni aperte dal risultato delle presidenziali americane e i negoziati Onu in corso relativamente all’inquinamento da plastica. Nella definizione del trattato internazionale si confrontano visioni differenti sulla seria minaccia all'ambiente di una produzione che è raddoppiata dal 2000 al 2019, raggiungendo 460 milioni di tonnellate.
EPA/YONHAP SOUTH KOREA OUT

Si è aperto a Busan, in Corea del Sud, il quinto e ultimo ciclo di negoziati per l’adozione di un trattato internazionale contro l’inquinamento da plastica, a cui partecipano 178 Paesi.

La conferenza mira ad affrontare questa urgente crisi ambientale: la produzione globale di plastica è raddoppiata dal 2000 al 2019, raggiungendo 460 milioni di tonnellate, e potrebbe raddoppiare ancora entro il 2040 senza un’azione adeguata.

Il problema è che oltre il 90% della plastica non viene riciclata e più di 20 milioni di tonnellate finiscono nell’ambiente ogni anno. Inoltre, la plastica è responsabile del 3% delle emissioni globali di gas serra, principalmente a causa dei combustibili fossili che servono a produrla.

Infine, le microplastiche sono state rilevate negli alimenti, nei nostri corpi, nel latte materno e nelle nuvole, allarmando per la loro potenziale pericolosità per la salute di persone ed ecosistemi.

A Busan si fronteggiano due visioni opposte: la “coalizione delle grandi ambizioni”, sostenuta da diversi Stati africani, europei e asiatici, promuove un trattato vincolante che abbracci l’intero ciclo di vita della plastica.

I grandi produttori di petrolio, come l’Arabia Saudita, la Russia e l’Iran, sostengono invece un approccio più blando, che si limiti al riciclaggio e alla gestione dei rifiuti senza intervenire sulla produzione.

A causa di queste divergenze, i precedenti negoziati hanno prodotto una bozza di trattato eccessivamente corposa e farraginosa. Per sbloccare la situazione, Vayas Valdivieso, diplomatico ecuadoriano alla guida dei negoziati, ha proposto un nuovo testo più snello, il “Non-Paper 3” di sole 17 pagine.

Nonostante le difficoltà, esperti e ambientalisti nutrono speranze. Inger Andersen, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), ha esortato i delegati a considerare la giustizia intergenerazionale e ad adottare misure coraggiose per ridurre drasticamente l’inquinamento da plastica.

Ma ancora una volta, le posizioni di Stati Uniti e Cina, i principali produttori di materie plastiche, saranno cruciali per il successo della conferenza. Ammesso che la delegazione statunitense accetti un accordo ambizioso, quanto è probabile che Washington lo ratifichi con Trump alla Casa Bianca e i repubblicani saldamente al comando di Camera e Senato?

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