Un tesoro sul sasso

Chi suole navigare in barca sul lago Maggiore a un certo punto si trova davanti, sulla sponda lombarda, uno spettacolo suggestivo: ancorato alla roccia a strapiombo sul lago, si erge un monumento unico nel suo genere, ben conservato pur nella fragilità dovuta a una collocazione quanto mai precaria. Si tratta dell’Eremo di Santa Caterina del Sasso, una serie di edifici costruiti nel corso dei secoli sulla iniziale dimora del beato anacoreta Alberto della nobile famiglia Besozzi. La prima costruzione risale al XII secolo: una edicola dedicata a santa Caterina, che dicono sia identica a quella originaria sul Monte Sinai. Stando alla leggenda, il beato Alberto era un ricco commerciante che, trovatosi in barca nel mezzo di una tempesta, fece naufragio, si salvò e decise di fermarsi in quel posto diventando eremita per voto. Alla sua morte, nel 1205 (si stanno facendo preparativi per celebrare degnamente gli 800 anni dal decesso), esisteva già l’edicola di santa Caterina, eretta da coloro che iniziavano a visitare il luogo attratti dalla fama della sua vita mistica: fu sepolto lì nella roccia, e le sue spoglie furono ritrovate nel 1535 nel corso di alcuni lavori. Negli anni all’iniziale sacello si aggiunsero via via alcuni conventi a strapiombo, raggiungibili inizialmente dal lago, con una ripida salita. Ora vi si può accedere anche dall’al- to del monte con un’altrettanto scomoda discesa a gradini. Per arrivare alla zona dove sorge l’Eremo si percorre la litorale del lago Maggiore, sponda lombarda, da Laveno Mombello verso Sesto Calende: a un tratto sulla destra appare l’indicazione del monumento, si percorrono poche centinaia di metri fino a un parcheggio, da dove inizia la scalinata, al termine della quale, attraverso un portoncino, si accede al complesso architettonico. Sarebbe interessante parlare delle vicende dell’Eremo attraverso i resoconti dei vari Ordini religiosi che si succedettero negli anni, fino a quando la proprietà passò alla Curia milanese che nel 1970 la cedette alla Provincia di Varese, vista l’impossibilità di far fronte allo stato di grave degrado del santuario. A quel tempo la pregevole architettura, ricca di dipinti preziosi in varie stratificazioni, che solo ora stanno conoscendo un graduale restauro, stava per inabissarsi nel lago, in quanto la roccia su cui poggiava si apriva “a libro” verso le acque, scoprendo paurose crepe nei muri e voragini nei pavimenti. Il lavoro di consolidamento della roccia prima e dell’Eremo poi è durato una dozzina d’anni, durante i quali l’accesso da parte del pubblico è stato rigorosamente vietato. Prima si è provveduto ad un consolidamento geologico e si è ancorata la roccia alla montagna attraverso un’imbragatura di tutto il complesso, una serie di tiranti e forti iniezioni di cemento armato; quindi si è operato sul sistema delle fondazioni che stavano cedendo, infine con sistemi di avanzata ingegneria si è ancorato l’intero Eremo alle rocce, fino a restituire la necessaria compattezza strutturale all’organismo. Ora restano parzialmente visibili, a conferma di questi complessi lavori, i grossi chiodi che costituiscono un solido legamento della parte architettonica e di questa alla roccia; i minimi movimenti delle pareti a strapiombo vengono monitorati continuamente tramite sofisticate apparecchiature, che neutralizzano ogni pericolo incombente. I visitatori sono ritornati in questo luogo magico, da sempre prediletto dagli abitanti del lago come meta di pellegrinaggi e luogo di meditazione. Il rispetto per le testimonianze artistiche, ancora in via di restauro, fa sì che il percorso dei pellegrini da un edificio all’altro sia nel segno del silenzio e della preghiera. I monaci sono ritornati a custodire l’Eremo e sono particolarmente attenti a preservarlo da un uso improprio. I resti mortali del fondatore costituiscono il segno tangibile di un miracolo avvenuto secoli fa e attendono la loro definitiva sistemazione nell’Eremo quando sarà completamente restaurato, forse in occasione dell’ottocentesimo anniversario del decesso.

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