Un tesoro che cambia la vita
Sono sr. Anna Maria, della Congregazione delle Suore “Figlie della SS. Vergine Immacolata di Lourdes Francescane”, fondata da don Francesco Gattola, sacerdote della Diocesi di Napoli, devotissimo di Maria Immacolata.
Ai piedi della Grotta di Lourdes egli ebbe l’ispirazione di fondare il nostro Istituto. La nostra missione nella Chiesa è diffondere il messaggio che Maria ha pronunciato a Lourdes, un forte richiamo alla preghiera e alla conversione evangelica, servendo il prossimo in particolare i poveri e gli ammalati.
Il momento di luce
Durante gli anni del post-concilio Vaticano II si sentì l’urgente bisogno di un rinnovamento nella Chiesa. Anche negli Istituti religiosi iniziava quel fermento nuovo che portò poi al rinnovamento della vita consacrata, non soltanto nelle sue strutture e Costituzioni, ma soprattutto all’interno di essa, nell’attuare con maggiore radicalità i consigli evangelici, la fraternità e la missione nella Chiesa.
Questo però non fu un processo semplice, bensì un cammino molto travagliato, segnato da una crisi profonda che aveva toccato anche il mio cuore.
Proprio in quel periodo (precisamente nell’estate del 1970), in un momento decisivo della mia vita, ho conosciuto la spiritualità dell’unità del Movimento dei focolari.
Partecipando ad un incontro di giovani del Movimento ho sentito commentare le parole di Gesù: “Dove due o più sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” e “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”.
Queste parole, tante volte ascoltate e meditate, sono risuonate profondamente nella mia anima. Era un momento di grazia e d’illuminazione interiore che mi ha fatto comprendere quanto Dio mi amava e allo stesso tempo quanto era povera la mia risposta d’amore.
Avendo nell’anima questa luce, accesa dallo Spirito Santo, ho capito che il Signore mi chiamava ad un cambiamento di vita. Mi sono ritrovata spiritualmente ai piedi della Grotta di Massabielle, per riascoltare l’invito di Maria a ritornare al Vangelo, vivendolo senza glossa come aveva fatto il mio Padre san Francesco, e ad amare come mi veniva proposto dalla spiritualità dell’unità.
Ho incominciato a fare i primi passi in questa avventura: amare Dio sopra ogni cosa ed amare gli altri, iniziando da chi viveva accanto a me.
In modo inaspettato, ho scoperto il “tesoro nascosto”, la “perla preziosa” che avrebbe trasformato la mia vita. Infatti, ci sarebbe stato un “prima” e un “poi” dopo questa mia esperienza.
Un noviziato nuovo
Nel settembre del 1984 ero destinata in Messico con la responsabilità della formazione del primo gruppo di novizie in quel paese. Nella città dove si trovava il noviziato sono venuta a contatto con alcuni missionari italiani che, con mia grande gioia, vivevano questa spiritualità dell’unità.
Condividevamo le nostre esperienze nello spirito di amore reciproco, come Gesù aveva comandato, e questo ha fruttato la luce per capire come portare avanti i nostri rispettivi programmi di formazione: in me per le nostre novizie e in loro per i seminaristi.
Nel noviziato, con altre sorelle e le stesse novizie, cominciammo a vivere questo nuovo stile di vita, sperimentando la presenza di Gesù promessa a coloro che vivono nell’amore scambievole: vivere così doveva diventare l’obiettivo primario del nostro programma formativo.
Questa vita di comunione ci ha fatto riscoprire l’esperienza del nostro fondatore il quale, nella sua prima regola, raccomandava: “L’amore reciproco sia la caratteristica principale della Pia Unione, la colla per dir così che tutte unisca, che tutte stringa insieme”.
In questo dinamismo anche la visione della vita religiosa acquistava una sfumatura diversa, per esempio, la povertà non si viveva solamente come distacco effettivo ed affettivo dai beni materiali, ma anche come solidarietà con i poveri.
Una volta, il direttore della compagnia aerea “Mexicana”, per aiutarci economicamente, ci concesse la possibilità di recarci una volta alla settimana all’aeroporto della Città del Messico per raccogliere i vassoi di cibo confezionati per i passeggeri, ma inutilizzati e restituiti dal personale di volo.
Abbiamo riunito la comunità per organizzarci ad accogliere questa provvidenza e qualcuno ha proposto: “Perché non raccogliamo anche per i più poveri?”. Questo significava, invece di alcune ore, passare tutta la notte all’aeroporto per scegliere i vassoi utili.
La proposta fu accettata all’unanimità e con disponibilità, cosa che abbiamo attribuito alla presenza di Gesù fra noi che ci faceva sensibili alle necessità degli altri. È superfluo dire la gioia e la gratitudine dei poveri per questo atto di generosità da parte delle suore.
Fraternità realizzata
Nel 1993, insieme a tre religiose messicane che condividono questo stile di vita, sono stata inviata in Costa Rica. Il Vescovo, in attesa di costituire la parrocchia in una riserva indigena brunca, in piena foresta tropicale nel sud del paese, ci ha mandato lì allo scopo di rendere la Chiesa in qualche modo presente.
In quella zona abitavano due gruppi di indigeni, oltre alle persone bianche che vi si erano stabilite dopo aver comprato terre dagli indigeni. I rapporti tra questi non erano amichevoli e spesso le liti terminavano in vere e proprie violenze. All’inizio anche la nostra presenza era vista con diffidenza.
Abbiamo cominciato questa esperienza difficile con tanta fiducia nel Signore e pronte a tutto. Abbiamo scelto di abitare in una piccola casa di legno, come tutti gli altri, lavorando come manovali, per rendere nuova la piccola chiesetta adiacente alla nostra casa.
All’inizio eravamo sole, in silenzio davanti all’Eucaristia e alla sera ci riunivamo per riflettere sulla nostra giornata alla luce della Parola di Dio.
Percorrevamo lunghe distanze per visitare indistintamente le famiglie bianche o di indigeni, trattenendoci per il tempo necessario per ascoltare i loro problemi, annunciando con la parola e con la vita l’amore di Dio che ci fa figli di un solo Padre e fratelli e sorelle tra di noi.
Qualcuno incominciò a interessarsi e a chiederci quale fosse il segreto della nostra giovialità, da dove proveniva la nostra disponibilità verso tutti e, se eravamo povere, perché regalavamo il nostro riso e prestavamo i nostri soldi.
Così li invitammo in chiesa per riflettere sulla Parola di Vita e capire come metterla in pratica. È una frase del Vangelo, scelta per ogni mese, che tutti quelli che condividono la spiritualità del Movimento dei focolari cercano di vivere.
All’inizio veniva un piccolo gruppetto, ma pian piano la partecipazione cresceva sempre di più, ed era una vera gioia vedere seduti sullo stesso banco indigeni e bianchi insieme. Abbiamo visto realizzarsi poco a poco la fraternità.
L’avventura continua
Attualmente vivo a Roma e faccio parte del governo generale della mia congregazione. L’avventura continua. Vivo con amore e dedizione questa nuova volontà di Dio accanto alle sorelle delle diverse comunità, ascoltandole, amandole e sostenendole nella “notte” della loro vecchiaia e malattia, alimentando in loro la speranza in Colui che ha sperimentato ogni nostro dolore: Gesù abbandonato.
Essere a Roma mi dà la possibilità di approfondire i vari aspetti della spiritualità dell’unità e di vivere questa vita con consacrate appartenenti a diverse congregazioni soprattutto in Italia e in Europa.
Sperimento che nello scambio delle nostre esperienze riceviamo il dono di sentirci un’unica famiglia e di vivere con maggiore intensità la comunione dei nostri diversi carismi.