Un summit per aiutare l’Africa e contrastare l’influenza cinese
Al summit di Parigi del 18 maggio scorso erano presenti leader di Angola, Burkina Faso, Congo (Rdc), Costa d’Avorio, Egitto, Etiopia, Ghana, Mali, Mauritania, Mozambico, Nigeria, Ruanda, Senegal, Sudan, Togo e Tunisia. Tra gli europei, oltre ai vertici dell’Ue e ai francesi, i leader di Italia, Spagna e Portogallo. Ma hanno partecipato in videoconferenza anche rappresentanti ufficiali di Paesi Bassi, Germania, Giappone, Kenya, Tanzania e Sudafrica. Prospettato il coinvolgimento di Onu, Fmi, Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), Omc (Organizzazione mondiale del commercio), Banca mondiale e diverse banche pubbliche internazionali.
L’Africa, anche se sta facendo del suo meglio nella crisi globale legata alla pandemia da Covid-19, vede la propria economia appesantita. Nell’ultimo anno il continente ha visto ridursi drasticamente le esportazioni verso i paesi occidentali.
L’idea di questo “Vertice sul finanziamento delle economie africane” è nata nell’autunno 2020, quando il Fondo monetario internazionale ha calcolato che l’Africa era a rischio di incappare in un deficit finanziario di 290 miliardi di dollari entro il 2023. La crescita economica del continente, che ha vissuto la sua prima battuta d’arresto lo scorso anno a causa della pandemia dopo mezzo secolo di espansione, dovrebbe però riprendersi nel 2021 del 3,4% e del 4% nel 2022. La moratoria nei pagamenti messa in atto nell’aprile 2020 aveva dato un po’ di respiro ai paesi africani più indebitati.
Citando il Fmi, il ministro francese delle finanze, Bruno Le Maire, ha affermato che i paesi sviluppati hanno dedicato quasi il 25% della loro ricchezza nazionale al rilancio della loro economia, dopo la crisi pandemica, mentre in Africa la percentuale disponibile è appena del 2%.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha pertanto convocato questo vertice per venire in aiuto al “malato” africano economicamente in difficoltà. L’ambizione di Macron era quella di raccogliere 100 miliardi di dollari per venire incontro, almeno parzialmente, alle esigenze di finanziamento dell’Africa. Il 27 aprile scorso Macron aveva fatto un appello per un “New Deal” di aiuto ai paesi africani.
Nella dichiarazione rilasciata alla conclusione del vertice di Parigi, l’Fmi stima che saranno necessari ai paesi africani circa 285 miliardi di dollari (233,3 miliardi di euro) di finanziamenti aggiuntivi nel periodo 2021-2025 per sostenere una risposta alla crisi indotta dalla pandemia.
La Francia propone di concedere all’Africa il beneficio dei diritti speciali di prelievo (Dsp) dal Fondo monetario internazionale, strumenti di cambio che consentano di finanziare soprattutto le importazioni.
Ma i 183 Paesi del mondo membri del Fmi riceveranno un totale di Dsp equivalente a 650 miliardi di dollari e l’Africa avrebbe globalmente diritto a 33 miliardi di questo importo, che si riduce a 24 miliardi se si tiene conto solo dell’Africa subsahariana. Ma questa cifra è fortemente insufficiente per finanziare gli incentivi a livello continentale e per soddisfare fabbisogni stimati dal Fmi tra i 250 ei 425 miliardi di dollari per il periodo 2021-2025. Da qui l’idea lanciata dal presidente Macron per consentire ai Paesi che non ne hanno necessità di riallocare i propri Dsp in favore dei Paesi africani che hanno bisogno di una quota maggiore.
Il vertice dedicato al salvataggio delle economie africane è anche un tentativo per arginare l’invasione economica cinese in Africa e per fare qualcosa per contrastare il terrorismo e le migrazioni clandestine. Ma è anche evidente che all’iniziativa non è estraneo pure un tentativo della Francia di riposizionarsi nel continente. Il noto sociologo e ricercatore francese Roland Marchal (Centre d’Etudes et de Recherches Internationales del Sciences Po) rileva anche un progressivo spostamento della diplomazia e delle aziende francesi verso l’est del continente, Sudan compreso. Il giorno prima del vertice, per esempio, la Francia ha cancellato 4 miliardi di dollari dal debito del Sudan ed ha concesso al Paese africano un prestito ponte di 1,5 miliardi di dollari come aiuto per ridurre i debiti arretrati contratti con con il Fmi.