Un successo il Rigoletto al Circo Massimo
Spostare la stagione estiva da Caracalla all’ampio spazio del Circo Massimo ha rappresentato una sfida per il romano Teatro dell’Opera. Sfida vinta: un palco immenso, 1400 posti distanziati, la regia di Damiano Micheletto originale come sempre, la direzione raffinata di Daniele Gatti. Ed ora si continua con Il Barbiere di Siviglia, fino al 13 agosto, il balletto Le Quattro Stagioni (fino al 3), La Vedova Allegra e il gran concerto con le star della lirica Anna Netrebko e Yusif Eyvazov.
Torniamo al Rigoletto. Capolavoro indiscusso del teatro musicale, per alcuni il massimo raggiunto da Verdi per coerenza stilistica e drammatica, inventiva musicale, originalità assoluta. Micheletto inscena un Novecento periferico malsano, con automobili, la roulotte dove Maddalena accoglie i clienti, e una giostra. Un parco giochi notturno e diurno gangsteristico anni Quaranta, Cinquanta, molto filmato. E a questo proposito sul grande schermo vengono proiettate scene di Rigoletto e di Gilda anteriori alla vicenda oppure primi piani dei cantanti.
Micheletto ha delle belle trovate: lei che canta “Caro Nome” girando lentamente sulla giostra, lei che muore andando come in un finale hollywoodiano verso l’oceano nel sole, Rigoletto vecchio oscuro, Maddalena disinibita, il Duca giovane gangster in giacca bianca.. Il Rigoletto di Roberto Frontali si muove secondo le indicazioni registiche e le sue risorse vocali e drammatiche sono sfruttate coi intelligenza, tanto più che Gatti dirige, come si diceva, con raffinatezza -nla “Donna è mobile” è davvero una canzonetta leggera senza gigionismi come pure il Quartetto -, senza tagli e senza acuti inutili.
Operazione riuscita anche perché l’orchestra, per quanto distanziata, risponde bene. La Gilda di Rosa Feola è forte e delicata, voce molto bella, senza dimenticare gli altri interpreti, dal Duca un po’ troppo “aperto” di Ivàn Ayon Rivas, alla Maddalena di Martina Belli allo Sparafucile “mafioso” di Riccardo Zanellato.
Certo, l’ampiezza del palco, talvolta rumoroso perché troppo affollato e mosso, non ha reso facile la prova dei cantanti-attori, ma la buona volontà supplisce anche a certe forzature (la scena dei ”palloncini…”) della regia multimediale. Ma Gatti equilibra la rappresentazione, dandoci la gioia di assaporare la bellissima musica, che è poi la ragione vera del capolavoro. Successo raggiunto.